Un messaggio di Giovanni Paolo II che interpella in modo particolare la nostra regione e che è giusto rilevare in occasione della festa di S. Francesco è quello, a firma autografa, inviato a Lisbona in occasione dell’incontro “Uomini e religioni” (vedi articolo a pag.11).Ci interpella perché è tutto incentrato su quello che il Papa ama denominare “spirito di Assisi”. Egli ricorda: “La mia mente torna a quel 1986, quando per la prima volta uomini e donne di religioni diverse si ritrovarono insieme per invocare la pace da Dio proprio sul colle di Assisi, segnato dalla testimonianza di San Francesco”. E dichiara che quell’evento non poteva rimanere isolato, perché era carico di una “forza spirituale dirompente: era come una sorgente da cui cominciavano a scaturire nuove energie di pace”. Per questo il Papa ha auspicato in più occasioni che il messaggio di quell’evento, “un dono provvidenziale per il nostro tempo”, non si estinguesse, ma potesse espandersi in tutto il mondo, suscitando in ogni parte testimoni di pace e di dialogo. Ci domandiamo perché il Papa ribadisca oggi questi concetti. Forse c’è qualcuno che ha paura dello “spirito di Assisi”? Eppure esso non ha provocato la confusione delle religioni e l’equiparazione delle fedi, non attenua, né cancella le differenze, ma fa scoprire il comune destino degli uomini e la loro comune aspirazione all’unità e alla pace. Quando si riunirono ad Assisi i vari gruppi religiosi si ritrovarono prima separatamente, ognuno a pregare secondo le proprie formule di fede, ognuno secondo i suoi riti e costumi. Non ci fu confusione o sovrapposizione. Solo nel secondo momento vi fu nella Piazza una vicendevole testimonianza di fede, una sottoscrizione di impegno a favore della pace e un abbraccio fraterno. Giovanni Paolo confessa con soddisfazione che questa aspirazione è divenuta, seppure parzialmente ancora, una realtà, come dimostrano quelle aperture che gli hanno consentito il pellegrinaggio in Terra santa e i promettenti rapporti con l’Islam e le altre religioni. E tuttavia, insiste il Papa, “è necessario imprimere una accelerazione maggiore a questo promettente cammino”, senza timori, perché “il dialogo non ignora le reali differenze, ma neppure cancella la comune condizione di pellegrini verso nuove terre e nuovi cieli”. Sospinto da uno slancio profetico il Papa invita caldamente a superare timori e incertezze, a non lasciarsi frenare da freddi calcoli astratti: “Dobbiamo tutti essere più audaci in questo cammino, perché gli uomini e le donne di questo nostro mondo, a qualsiasi popolo e credenza appartengano, possano scoprirsi figli dell’unico Dio e fratelli e sorelle tra loro”. Dopo il freddo che è calato su molti per l’equivoca interpretazione del documento della Congregazione per la Dottrina della Fede (vedi la dichiarazione di Mons. Antonelli, articolo a pag.4), da Lisbona viene il vento caldo della speranza di un cammino di dialogo e di pace che ha avuto origine dalla nostra terra umbra e che qui, da noi, dovrebbe, quanto meno, non essere ignorato.