Il maltempo, per certi aspetti, ha contribuito al successo della sesta edizione del “Sentiero di Francesco”, la tre giorni (1-3 settembre) a piedi attraverso il percorso compiuto dal Poverello nell’inverno 1206-1207, dopo la rinuncia ai beni paterni, per recarsi da Assisi a Gubbio. Evento promosso dalle diocesi di Assisi e Gubbio, dalle famiglie francescane e dalle istituzioni. Le avverse condizioni metereologiche hanno valorizzato il significato di un’iniziativa fin dal suo inizio impostata come opportunità per consentire di riflettere sui valori della pace e della riconciliazione, anche con l’ausilio del Messaggio delle Famiglie francescane ai pellegrini de “Il Sentiero di Francesco” edizione 2014, distribuito ai tanti pellegrini arrivate dalle diverse regioni. Ne sintetizziamo i passi principali: “In questa edizione del Sentiero siamo chiamati a riflettere sulla riconciliazione dell’uomo con se stesso. Solo un uomo riconciliato con se stesso può vivere in armonia con gli altri e con l’intero creato. Il Santo, nel cammino di questi giorni, ci accompagni e ci sia di esempio per ritrovare l’armonia originale voluta da Dio per noi stessi e con il creato!”. Dopo aver richiamato il brano della Genesi relativo alla creazione dell’uomo, il testo così prosegue: “La riconciliazione dell’uomo con se stesso consiste nel ritrovare e dare valore a quel soffio divino, vitale. L’uomo perciò, pur fatto di terra e a differenza delle altre creature, ha in sé uno spirito che lo rende unico nel suo genere, e per questo simile a Dio. Riconciliarsi con se stessi significa riscoprire e far vivere in noi tale soffio vitale. Fu la scoperta che cambiò la vita di Francesco. Rifiutato dal padre terreno, Pietro di Bernardone, scoprì una nuova paternità, quella celeste. Una scoperta che lo fece trasalire di gioia: ‘Finalmente posso dire: Padre mio che sei nei cieli!’. È la scoperta che siamo chiamati a fare nella nostra vita: scoprire di essere figli di Dio! San Francesco ricorda questa verità nella I Ammonizione: ‘Il Padre abita una luce inaccessibile perché Dio è spirito, e nessuno ha mai visto Dio. Perciò Dio non può essere visto che nello spirito, poiché è lo spirito che dà la vita; la carne non giova a nulla’ (FF 141). L’uomo per ritrovare se stesso deve riscoprire e ravvivare questa sua origine, il soffio divino che lo rende figlio del Padre che è nei cieli. Quando l’uomo – prosegue il Messaggio – perde di vista questa sua originale dimensione, non vive più in armonia con se stesso, infrange la comunione con Dio e quindi perde l’armonia con le altre creature (…). San Francesco, dopo aver ritrovato se stesso e aver scoperto di essere figlio di Dio, ci invita a ritrovare anche in noi tale identità”. Quindi l’invito finale: “Proviamo allora a chiedere scusa all’altissimo, onnipotente e buon Signore per tutte le volte in cui abbiamo dimenticato la nostra origine”, a “ritrovare noi stessi, a vivere secondo il soffio divino ricevuto da Dio nei nostri pensieri, nelle nostre scelte, nella nostra vita! Perché non chiedere a Dio per noi il dono di uno sguardo che sia ancora capace di stupirsi e di stupire? Perché non chiederGli il dono di guardare noi stessi, le persone, le cose, la vita con gli occhi di Dio? Perché non chiederGli il dono di un’anima sempre più bella capace di far emergere ogni giorno gratitudine per le meraviglie della creazione? Con Francesco allora potremo anche noi cantare: ‘Laudate et benedicete mi’ Signore et ringratiate et serviateli cum grande humilitate”. La manifestazione si è conclusa nella chiesa della Vittorina, luogo di incontro tra san Francesco e il lupo, e con una solenne celebrazione presieduta dal vescovo Ceccobelli nella chiesa di San Fracesco, eretta sul fondaco degli Spadalonga, la famiglie eugubina che diede ospitalità al Santo.