A Foligno, nel complesso parrocchiale di San Paolo Apostolo, sabato 28 maggio, si è tenuta l’assemblea ecclesiale regionale della Chiesa Umbra sul tema: “Quale ripresa? Per una sapienza pastorale dopo la pandemia”, quale incontro di comunione e fraternità dopo la dispersione e la frammentarietà generata dall’emergenza sanitaria, per dare un segnale di ripresa e un messaggio di speranza. Presenti i Vescovi dell’Umbria e 25 delegati per ognuna delle otto diocesi, accolti con cordialità dal parroco don Giovanni Zampa e dalla equipe della parrocchia. Quest’assise della Chiesa umbra si inserisce nel Cammino sinodale delle Chiese in Italia che dà spazio all’ascolto e al racconto della vita delle persone, delle comunità e dei territori.
Dialogo, confronto e scambio
Nel saluto iniziale di benvenuto l’arcivescovo di Spoleto-Norcia e presidente della Conferenza episcopale umbra mons. Renato Boccardo ha detto che “siamo nuovamente riuniti in Assemblea non per un ascolto unilaterale, quale può essere l’acquisizione di informazioni, di dati e di analisi accurate della realtà, ma per un tempo di dialogo, di confronto, di scambio su convinzioni e pareri, anche diversi. Con l’intento di trovare sintonia nello stile evangelico, sinergia nell’impiego delle forze, simpatia e passione nel guardare la vita del mondo. Senza sognare soluzioni facili per una realtà complessa né cedere alla tentazione di diagnosi deprimenti; cercando piuttosto di individuare rimedi incoraggianti. Vorremmo riflettere perciò su come impostare una ripresa della pastorale, come ridare slancio, come tornare ad entusiasmarci dopo la dispersione della pandemia, di fronte alle conseguenze della crisi economica e ai traumi generati dalla guerra in corso, con il proposito di preparare magari un incontro più organico e strutturato nel prossimo anno”. Mons. Domenico Sorrentino vescovo di Foligno e di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino ha presieduto la preghiera iniziale di invocazione allo Spirito Santo. “Nel brano degli Atti degli Apostoli (Atti 18, 23-28) che abbiamo ascoltato – ha evidenziato mons. Sorrentino – emerge la dinamica dell’evangelizzazione: strada, chiesa, casa. L’evangelizzazione e il cammino sinodale hanno bisogno di tutti e tre questi elementi: la strada che esprime il dinamismo dell’annuncio, la casa che esprime l’esperienza di relazioni calde di umanità e di fede, la chiesa dove ci si raduna per sentirsi popolo e comunità credente”.
Chiacchiericcio che “avvelena le comunità”
Momento centrale dell’incontro è stata la riflessione di mons. Erio Castellucci vescovo di Modena-Nonantola e Carpi, vicepresidente della Conferenza Episcopale italiana, che partendo dall’attuale situazione storica e sociale della Chiesa in riferimento alle crisi che segnano il mondo, dalla guerra alla pandemia, dalle povertà alla questione ecologica, dall’immigrazione all’integrazione, ha evidenziato come “la crisi è una dimensione della vita che va abitata e gestita. Non possiamo vivere pensando di schivare le crisi. Il primo modo di affrontarle è la gioiosa fraternità, nella consapevolezza dei problemi e nella capacità di affrontarli instaurando delle relazioni gioiose e profonde. Una fede lamentosa, infatti, non produce frutti. Il lamento c’è e – ha sottolineato Castellucci – serve come segnalazione di ciò che manca, ma nelle comunità deve essere presente in modo più incisivo la gioia del Vangelo. Una comunità fraterna, in un cammino di crescita condivisa, è più interessata a cogliere le ricchezze dell’altro, piuttosto che evidenziarne i limiti. Il troppo chiacchiericcio e la malevolenza allontanano dalla Chiesa: sono il veleno delle comunità, che sembra influire anche in modo rilevante sui giovani e il loro allontanamento dalla Chiesa”. La crisi può essere elemento per una trasformazione dei punti di debolezza in forza, che per mons. Castellucci possono dare nuovo slancio all’azione pastorale. “Non è tanto importante contare i risultati ma essere autentici, accettando anche le debolezze. Siamo sempre preoccupati dei numeri, che sono indicatori interessanti, però la debolezza deve diventare forza, e cambiare la nostra mentalità passando dal conteggio al contagio. Dobbiamo creare dei luoghi di accoglienza e di ascolto che intercettino la vita delle persone, lì dove esse vivono, casa, luoghi di lavoro e di socialità, e non necessariamente nelle parrocchie”. Mons. Castellucci ha concluso il suo intervento con la suggestione data da tre parole: sale, lievito e luce, elementi che non bastano a se stessi ma che per produrre ed essere efficaci devono essere coniugati ad altri e ben dosati; a ribadire l’importanza di riconoscersi negli altri e con loro proseguire nel cammino cristiano della Chiesa in uscita, sempre più chiamata ad essere, come disse papa Benedetto XVI, “minoranza creativa”. L’assemblea è proseguita con un momento di ascolto e confronto tra i partecipanti e nei gruppi di lavoro sulla formazione degli operatori pastorali, sul rinnovamento della pastorale e sugli stili delle proposte cristiane.
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