Un sistema integrato tra pubblico e privato che mantenga gli alti standard qualitativi, ma che sia anche sostenibile per le famiglie grazie ad un aiuto certo e garantito degli enti pubblici. Questo il messaggio che la Fism (Federazione italiana scuole materne) dell’Umbria ha voluto lanciare sabato pomeriggio nel corso del convegno “Il ruolo della scuola paritaria”, alla presenza della vice presidente della Regione Umbria, Carla Casciari, del segretario nazionale della Fism, Luigi Morgano, e del presidente della Fism Umbria, Simone Polchi.
“Abbiamo voluto organizzare questo convegno – ha spiegato Polchi – per sottoporre alla Regione due richieste. La prima è quella di partecipare al tavolo di lavoro per il nuovo Piano triennale 0-6 anni. Siamo una componente educativa fondamentale per quella fascia di età, e vogliamo esserci per discutere e decidere ogni comma del Piano. In secondo luogo, vogliamo chiedere alla Regione di prevedere una forma di convenzionamento per le scuole che sia uniforme in tutti i Comuni umbri”.
“Ad oggi, infatti – ha aggiunto -, i rapporti con le Amministrazioni variano molto: alcune hanno riconosciuto la nostra importanza e stabilito una forma di convenzionamento, con altre ciò non è stato possibile, portando ad un aggravio dei costi delle rette. C’è bisogno – ha ribadito – di un sostegno certo, perché alle famiglie non possiamo chiedere di più. Inoltre, i Comuni lungimiranti che hanno sostenuto le scuole paritarie hanno risparmiato molto negli anni. Per un’Amministrazione, infatti, il costo di una scuola pubblica statale è dieci volte superiore rispetto ad una non statale”.
“L’Umbria – ha detto ancora Polchi – ha una forte tradizione di scuole paritarie gestite da congregazioni religiose. Tipica della nostra regione è proprio la presenza in uno stesso paese di un nido comunale, una scuola dell’infanzia paritaria e una primaria comunale. Un perfetto sistema integrato che garantisce un servizio completo. Oggi, però, il numero delle vocazioni è calato, i contributi statali negli ultimi dieci anni si sono dimezzati e, quindi, le scuole non ce la fanno più da sole. C’è il rischio di dover tagliare i servizi e, nel tempo, di chiudere gli istituti”.
Dalla Regione sono arrivati segnali positivi circa l’apertura di un confronto in vista della stesura del nuovo Piano triennale 0-6 anni. “La crisi – ha sottolineato Carla Casciari – ci impone di rivedere i nostri modelli. Come Regione, abbiamo già sperimentato negli asili nido come l’integrazione di pubblico e privato possa essere la chiave per mantenere servizi quantitativamente e qualitativamente eccellenti. Oggi, infatti, grazie ai 185 nidi della regione, di cui 79 pubblici e 106 privati, l’Umbria è la seconda regione italiana per i servizi rivolti ai bambini dai 3 ai 36 mesi dopo l’Emilia Romagna. Un sistema nato a seguito di un lungo confronto fra le parti e un esempio da seguire anche per la scuola dell’infanzia. Perciò la Regione è disponibile al dialogo e al confronto”.
La necessità di un contributo statale certo, che vada ad alleggerire le rette delle famiglie, è stata ribadita anche da Luigi Morgano. “Il nostro sistema educativo – ha sottolineato – garantisce qualità e non va ad inficiare il servizio pubblico. Anzi, lo integra e gli è necessario in quanto lo Stato, da solo, non riuscirebbe a sostenere i costi per la costruzione e gestione delle scuole, se non esistessero quelle paritarie. Investire su di noi significa, quindi, risparmiare senza intaccare la qualità e la libertà di scelta delle famiglie. Se, invece, prevale la precarietà, ne va di mezzo la qualità”.
Umbria, un caso unico
In Umbria i bambini di 3-6 anni che frequentano le materne paritarie sono circa 4.500, ovvero il 30% dell’intera popolazione scolastica, distribuiti in 90 scuole in cui lavorano 230 insegnanti assistiti da personale religioso volontario. Le scuole non statali che aderiscono alla Fism riescono a sopperire (caso unico in Italia) alle richieste del 100% delle famiglie richiedenti. In tutta Italia sono 8.000 le scuole paritarie, tutte no-profit. Nel Nord Italia costituiscono anche il 70% del totale. In questi istituti sono impegnati quotidianamente 44 mila insegnanti e circa il 43% della popolazione studentesca.