di Daris Giancarlini
Tutti a dirle “brava”, e “grazie”, dopo che la sua primaria ha pubblicato la foto di lei che, stremata da una notte tremenda passata come infermiera ad assistere i contagiati dal coronavirus nel pronto soccorso dell’ospedale di Cremona, alle 6 di mattina crolla e si addormenta sulla tastiera del computer, senza neanche togliersi la mascherina. Ma lei, Elena Pagliarini, 40 anni, non è per nulla conquistata dal tam-tam mediatico che la dipinge come una sorta di eroina.
“Io vivo nelle retrovie. E in un momento normale – è stata la sua lucida osservazione – in tanti avrebbero commentato negativamente, magari dicendo ‘ecco l’infermiera che si addormenta invece di lavorare’”. Molto consapevole, Elena, del fatto che chi lavora in sanità – a ogni livello, nei tempi di prima del virus – non è che abbia ricevuta tutta questa considerazione.
La cosiddetta malasanità ha riempito la cronaca e fatto da supporto ideologico, neanche tanto nascosto, a quelle scelte della classe politica che, in dieci anni, hanno depauperato il settore di risorse, prima di tutto umane, che in questo momento di grande emergenza sarebbero servite ad affrontare meglio il contagio.
E a permettere a Elena e ai tanti medici, infermieri e altro personale sanitario, di fare semplicemente il proprio dovere, con la massima efficacia e senza avere quasi l’obbligo, etico e professionale, di passare per eroi.