Apostolo della libertà

Ricordato a Perugia padre Jerzy Popieluszko, il sacerdote polacco ucciso dal regime comunista nel 1984 e beatificato lo scorso 6 giugno

“L’uomo saggio è anche un uomo coraggioso”. Pare sia un’affermazione di Giovanni Paolo II. Essa confuta l’idea che spesso abbiamo della “saggezza” come di una virtù che riguarda le persone riservate, tranquille, che difficilmente si espongono o scendono in campo per battaglie campali. Sembra non essere così. “Saggezza e coraggio” sono due qualità che possono stare assieme e ben si addicono al sacerdote martire polacco Jerzy Popieluszko, seviziato e ucciso da uomini dei Sevizi di sicurezza polacchi il 19 ottobre 1984, e proclamato beato il 6 giugno 2010.

La vicenda umana di don Popieluszko è stata ricordata il 17 giugno scorso a Perugia grazie ad una iniziativa promossa dalle associazioni culturali Maestà delle Volte e Leone XIII, presentando un libro e un film a lui dedicati, entrambi dal titolo: Popieluszko. Non si può uccidere la speranza.

Il volume è stato curato da Annalia Guglielmi per le edizioni Itaca di Castel Bolognese. Si tratta di un pregevole libriccino di 176 pagine, con foto a colori e in bianco/nero. All’interno l’autrice riporta alcune omelie, pronunciate dal beato Popieluszko durante le famose “messe pro patria”, alcuni documenti processuali e un’ampia intervista a Rafal Wieczynski, regista del film, che è stato proiettato al cinema Zenith. All’incontro hanno partecipato l’autrice del libro, Annalia Guglielmi; Amilcare Conti, della Curia di Perugia; Annalisa Marinelli, dell’associazione Maestà delle Volte; Andrea Possieri, dell’Università di Perugia.

Libro e film descrivono in modo vivace la situazione socio-politica della Polonia degli anni Ottanta: l’avvento di Solidarnosc; lo stato d’assedio, dopo il colpo di Stato del 13 dicembre 1981; la precarietà di vita della gente; l’odiato regime comunista ormai in via di disfacimento. In questo contesto di grigiore e di sfacelo morale e sociale si staglia la figura del giovane prete di Varsavia, don Jerzy Popieluszko che, per tenere viva la speranza dei suoi connazionali, comincia a celebrare le “messe pro patria”, nel cortile della parrocchia di San Stanislao Kostka. Ma il fervore delle sue omelie, la vicinanza a tanti attivisti di Solidarnosc ridotti in povertà e in clandestinità, e l’impegno per la libertà di parola e di critica lo rese ben presto inviso al regime, mentre alle sue messe partecipava una folla sempre più vasta. Inoltre le prediche venivano regolarmente trasmesse da radio Free Europe e potevano essere ascoltate sia in Polonia che all’estero. I Servizi segreti cominciarono a tenerlo d’occhio; a pedinarlo; a tendergli tranelli, finché la sera del 19 ottobre 1984, mentre rientrava in auto dalla recita del rosario a Bydgoszcz, la sua autovettura fu bloccata da tre agenti dei servizi speciali. Popieluszko fu catturato, mentre l’autista riuscì a scappare e a dare l’allarme. Il sacerdote fu crudelmente torturato, bastonato e gettato ancora vivo nelle acque gelide della Vistola. La notizia dell’assassinio causò disordini in Polonia, e gli autori dell’omicidio furono arrestati, giudicati colpevoli e condannati a 25 anni di carcere, ma furono rilasciati a seguito di amnistia qualche anno dopo.

Ai funerali parteciparono più di 400.000 persone, compreso il leader di Solidarnosc, Lech Walsa. La Chiesa cattolica iniziò il processo di beatificazione nel 1997. La sua tomba è stata da subito meta di continui pellegrinaggi, dalla Polonia e dall’estero; il 14 giugno 1987 pregò sulla sua tomba anche Papa Giovanni Paolo II. Qualche giorno fa, in piazza della Vittoria a Varsavia, centinaia di migliaia di persone hanno acclamato don Popieluszko “beato”, nell’ordine dei martiri, testimone coraggioso della libertà e della verità, apostolo della speranza, “patrono” morale della Polonia liberata.

AUTORE: A. C.