Si è aperto da pochi giorni l’Anno della fede, e il pensiero va all’omelia pronunciata da Benedetto XVI in occasione della solenne concelebrazione nella basilica di San Pietro. Ha parlato del valore del Concilio, ma anche ha stabilito un confronto tra la situazione di quel tempo e quella contemporanea. Qualcosa di simile ha fatto anche nel breve discorso dal palazzo apostolico la sera di quello stesso giorno, l’11 ottobre.
“In questi decenni è avanzata una ‘desertificazione’ spirituale”, ha detto in San Pietro. Parole che possono essere messe accanto a quelle scritte nel documento di indizione dell’Anno della fede: c’è “una profonda crisi di fede che ha toccato molte persone”. Queste affermazioni non possono non far riflettere. Il Concilio è stato una benedizione e un dono alla Chiesa del nostro tempo: ha offerto energie per la nuova evangelizzazione e ha rinnovato profondamente la vita dei battezzati. Purtroppo, nel frattempo le cose sono peggiorate.
Occorre prendere atto della situazione senza cedere al pessimismo, perché Dio non abbandona la sua Chiesa. Quanto il Vaticano II ha prodotto, ha effettivamente arricchito la fede e la vita cristiana di tanti fedeli, producendo frutti di santità ovunque. C’è però un mondo esterno, che ha cambiato rapidamente e non si può non tenerne conto: la Chiesa è inserita nel mondo e i suoi figli sono toccati da quello che attraversa la società. Non si può non pensare che il venir meno della religiosità non influenzi, almeno in un primo momento, anche i credenti.
Che cosa è dunque successo? Risulta interessante e di notevole aiuto l’analisi puntuale svolta recentemente dal card. Ruini (Intervista su Dio. Le parole della fede, il cammino della ragione, Mondadori, 2012). Ascoltare il suo pensiero, naturalmente, non significa identificarlo con quello del Santo Padre. Un conto è il magistero pontificio, un conto è il pensiero di un teologo, anche eminente. Precisato questo, l’analisi del card. Ruini aiuta a capire che in questi decenni c’è stata l’accelerazione di un movimento culturale che ha origini cronologiche molto lontane.
“Oggi – afferma il porporato – prevalgono due forme di distanziamento dalla fede: quella agnostica, che per una serie di motivi ritiene l’uomo non in grado di conoscere Dio, e, in misura probabilmente minore, quella dell’ateismo naturalistico e materialistico, per la quale, in ultima analisi, esiste realmente soltanto la natura, fatta di materia-energia”. Due fattori che non da un giorno stanno minando la fede.
L’epoca moderna è stata caratterizzata fortemente dal metodo sperimentale di Galileo, che, se ha permesso che nei secoli successivi la scienza progredisse enormemente per il bene dell’umanità, ha veicolato anche la convinzione che la vera conoscenza fosse solo quella scientifica. Passerebbe in secondo piano quello che il microscopio – per citare uno strumento molto evocativo – non vede: i valori, il bene, la spiritualità dell’uomo e, più in generale, il mondo di Dio. Ora, il fatto che gli strumenti scientifici non raggiungano l’orizzonte soprannaturale non significa che questo non esista. Eppure si è consolidata l’impostura che la ragione dovrebbe occuparsi solo di quello che l’uomo può sperimentare, e del resto non si saprebbe nulla e non si potrebbe dire nulla: ecco l’agnosticismo.
Premesse – per certi versi – simili hanno portato molti a vivere in modo naturale la non-esistenza di Dio, quasi si trattasse di una conquista del pensiero. A questo hanno contribuito i “maestri del sospetto” (Marx, Nietzsche, Freud), per i quali la religione avrebbe la sua origine in una condizione di infelicità dell’uomo. Ancora recentemente, uno psicanalista francese ha sostenuto che la fede e la religione avrebbero solo una capacità consolatoria. L’uomo divenuto adulto può ormai liberarsi di Dio, che, in fondo, altro non sarebbe stato che una costruzione dell’uomo. Questi rapidi richiami mostrano come da alcuni secoli sia in atto a livello di pensiero un’autentica lotta contro il cristianesimo, e molti in nome della modernità lo osteggiano.
Accanto a questi fenomeni culturali occorre porne altri, legati più al modo di vivere. Ad esempio, il benessere autosufficiente, il consumismo e l’erotismo. Segno di una civiltà che ha raggiunto ragionevoli e auspicabili livelli di sazietà e li ha anche notevolmente superati, almeno in alcune regioni ricche del mondo. I beni materiali sono necessari, ma non possono chiudere l’uomo nel materialismo.
Ecco, probabilmente, alcune delle ragioni che hanno condotto in questi ultimi decenni alla desertificazione della fede. Sono un dato di fatto, ma anche una spinta ad impegnarsi decisamente per la nuova evangelizzazione.