Anche in Umbria le comunità cristiane si sono ritrovate a non potersi riunire per la celebrazione eucaristica a causa dell’emergenza Coronavirus/Covid19. Una decisione che ha sollevato obiezioni, proteste e domande.
Infatti il comunicato dell’8 marzo della Conferenza episcopale italiana così afferma: “Il decreto della Presidenza del Consiglio dei ministri, entrato in vigore quest’oggi, sospende a livello preventivo, fino a venerdì 3 aprile, sull’intero territorio nazionale le cerimonie civili e religiose, ivi comprese quelle funebri”. L’interpretazione fornita dal Governo include rigorosamente le messe e le esequie tra le “cerimonie religiose”. Quindi, interpretandola in soldoni: niente più messa.
Cosa dice la Chiesa
Decisione che ad alcuni sembra in contrasto con ciò che la Chiesa vive e insegna. Infatti, dopo quell’Ultima Cena celebrata da Gesù la comunità cristiana mai ha cessato di far memoriale del mistero pasquale. La prima testimonianza ci viene dagli Atti degli apostoli: “Erano perseveranti nell’insegnamento degli apostoli e nella comunione, nello spezzare il pane e nelle preghiere” (At 2, 42), e da quelle prime comunità giudeo-cristiane ininterrottamente l’invito: “Fate questo in memoria di me” (Lc 22,19; 1Cor 11, 24) mai ha cessato di risuonare ed essere accolto dalla Chiesa. Questo perché mai e poi mai essa può tralasciare ciò la edifica, ciò che la nutre, ciò che è per la sua stessa vita “fonte” e “culmine” (Sacrosanctum Concilium, 10; Lumen gentium, 11), perché il popolo di Dio non può fare a meno della celebrazione dell’evento che lo ha redento.
Ma allora la Chiesa che è in Italia entra in contraddizione con il suo Maestro? Certo che no, anche se a agli occhi di alcuni incauti parrebbe di sì… La Chiesa che è in Italia e di conseguenza le varie Regioni ecclesiastiche si sono conformate a ciò che il Governo ha disposto, con sofferenza, certo, perché in qualche maniera viene meno il nostro cuore, ma come lo stesso comunicato afferma: “L’accoglienza del decreto è mediata unicamente dalla volontà di fare, anche in questo frangente, la propria parte per contribuire alla tutela della salute pubblica”.
E dunque come possiamo affermare che non viene meno a quel “fate questo in memoria di me”? Non ne viene meno perché la messa non è finita! Infatti non è stato fatto divieto assoluto di celebrare, ma di celebrare con il popolo; e ciò significa che i Pastori continueranno a celebrare l’eucarestia ma senza la presenza del popolo.
Le indicazioni del Messale Romano
È vero, il Messale romano così afferma: “Quando il popolo si è redunato…”, perché costitutivamente la celebrazione eucaristica è affare di popolo e non di clero. Il Concilio Vaticano II nella Sacrosanctum Concilium al numero 27 afferma: “Ogni volta che i riti comportano, secondo la particolare natura di ciascuno, una celebrazione comunitaria caratterizzata dalla presenza e dalla partecipazione attiva dei fedeli, si inculchi che questa è da preferirsi, per quanto è possibile, alla celebrazione individuale e quasi privata. Ciò vale soprattutto per la celebrazione della messa benché qualsiasi messa abbia sempre un carattere pubblico e sociale e per l’amministrazione dei sacramenti”.
Ma, come si dice, di necessità si fa virtù, e quindi possiamo continuare a sostenere i fedeli con la celebrazione eucaristica senza la loro presenza fisica, tanto che nel Messale romano troviamo una sezione dedicata alla messa senza il popolo, che poco cambia dalla celebrazione della messa con il popolo, se non per la presenza di un unico altro ministro. Potremmo così dire: Missa sine populo sed pro populo, messa senza il popolo ma per il popolo.
Quindi nulla di contraddittorio, ancor più se si pensa all’eucaristia come sacramento della carità, dell’amore di Dio. Questo spinge la Chiesa a far sì che i frutti di ciò che abbiamo celebrato possano diventare nella nostra vita buoni e maturi con segni di carità concreti quali – per esempio, tanto per richiamarci all’attualità di questi giorni – la tutela della salute dei propri fedeli.
I Vescovi umbri
I Vescovi umbri nel loro messaggio hanno sottolineato che “possono essere d’aiuto le celebrazioni trasmesse tramite radio, televisione e in streaming sui siti internet e sui social”. Pur non potendo in nessuna maniera sostituire la presenza fisica del popolo, tali mezzi possono però rendere visibile il sostegno spirituale che tanti sacerdoti continuano a donare celebrando l’eucaristia a favore del popolo di Dio, diventando così segno di speranza in un tempo dove potremmo rischiare di perderla.
Questa “pausa obbligata” dalla celebrazione eucaristica, che i fedeli sono chiamati a vivere in questo momento, oltre a essere motivo di responsabilità nei confronti della salute pubblica, può essere un tempo opportuno per riscoprire due dimensioni. La prima, quella di ritrovare nelle nostre famiglie la dimensione della preghiera, una sorta di recupero di una celebrazione familiare. Purtroppo la liturgia cattolica non ha codificate celebrazioni nelle quali i componenti della famiglia in qualche maniera intervengono attivamente nello svolgimento del rito nelle proprie case, come invece ci testimonia l’Esodo (12,21-27) nel rito della Pasqua ebraica. Ma nulla vieta di ritrovarsi e pregare nell’ascolto della Parola di Dio, la recita della liturgia delle ore, o con la preghiera del rosario e altre devozioni, facendo sì che la famiglia torni a essere “piccola Chiesa e sacramento del Tuo amore”.
Un’ultima considerazione
Nella logica del tempo liturgico che stiamo vivendo, cioè quello di Quaresima, è stato chiesto al popolo cristiano di fare un ‘digiuno’ particolare che difficilmente ci saremmo immaginati, un digiuno che può farci riscoprire il valore delle cose. Forse, dunque, questo tempo può diventare propizio per accogliere in noi questo sentimento di vuoto, così da poter tornare in futuro a celebrare l’eucaristia con una diversa consapevolezza, cioè con la consapevolezza che di essa non possiamo fare a meno.
Don Francesco Verzini