Il mondo di oggi non sa, o non vuole, individuare in maniera chiara la povertà. Eppure i suoi mille volti ci interpellano ogni giorno – uomini, donne, bambini oltraggiati e offesi – di fronte ai quali la nostra “ricchezza sfacciata” non produce che indifferenza. Papa Francesco li elenca tutti, questi volti, e – nel Messaggio per la prima Giornata mondiale dei poveri – chiede a tutta la comunità cristiana di assumere lo stile di condivisione insegnato da Francesco d’Assisi a partire dall’incontro con il lebbroso. Senza “se”, senza “però” e senza “forse”. E con una settimana d’iniziative da realizzare con i poveri – che non sono semplici destinatari di una buona pratica di volontariato – invitandoli a messa, nelle parrocchie, nel quartiere, e aprendo le nostre case per invitarli a pranzo.
Come farà lo stesso Francesco, il 19 novembre, dopo la messa in piazza San Pietro, quando in aula Paolo VI pranzerà con almeno 500 poveri, ha annunciato mons. Rino Fisichella, presidente del Pontificio consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione, nella conferenza stampa di presentazione del Messaggio. “Non amiamo a parole né con la lingua, ma con i fatti e nella verità”. Il Papa parte da questo imperativo da cui nessun cristiano può prescindere, per denunciare la contraddizione tra le parole vuote e i fatti concreti. L’amore non ammette alibi, e l’amore per i poveri non può rimanere senza risposta. Da sempre la Chiesa ascolta il grido dei poveri, e anche se ci sono stati momenti in cui in cui i cristiani si sono lasciati contagiare dalla mentalità mondana, innumerevoli pagine di storia, in questi duemila anni, “sono state scritte da cristiani che, in tutta semplicità e umiltà, e con la generosa fantasia della carità, hanno servito i loro fratelli più poveri”. Tra tutti, il primo Papa della storia che ha scelto di portarne il nome cita Francesco d’Assisi, che non si accontentò di abbracciare e dare l’elemosina ai lebbrosi, ma decise di andare a Gubbio per “stare” insieme con loro.
“Non pensiamo ai poveri solo come destinatari di una buona pratica di volontariato da fare una volta alla settimana, o tanto meno di gesti estemporanei di buona volontà per mettere in pace la coscienza”, il monito di Francesco: “Se vogliamo incontrare realmente Cristo, è necessario che ne tocchiamo il corpo in quello piagato dei poveri”. E la povertà è l’antidoto al denaro, alla carriera, al lusso come obiettivi di vita. “Se desideriamo offrire il nostro contributo efficace per il cambiamento della storia, generando vero sviluppo, è necessario che ascoltiamo il grido dei poveri e ci impegniamo a sollevarli dalla loro condizione di emarginazione”, l’appello. Dolore, emarginazione, sopruso, violenza, torture, prigionia e guerra, privazione della libertà e della dignità, ignoranza e analfabetismo, emergenza sanitaria e mancanza di lavoro, tratte e schiavitù, esilio e miseria, migrazione forzata. È dettagliato, l’elenco dei mille volti della povertà, frutto dell’ingiustizia e della miseria modale, dell’avidità di pochi e dell’indifferenza generalizzata.
Il suo contrario è la ricchezza sfacciata di pochi: “Fa scandalo l’estendersi della povertà a grandi settori della società in tutto il mondo”, ribadisce il Papa, secondo il quale non si può restare indifferenti “alla povertà che inibisce lo spirito di iniziativa di tanti giovani, impedendo loro di trovare un lavoro; alla povertà che anestetizza il senso di responsabilità inducendo a preferire la delega e la ricerca di favoritismi; alla povertà che avvelena i pozzi della partecipazione e restringe gli spazi della professionalità umiliando così il merito di chi lavora e produce; a tutto questo occorre rispondere con una nuova visione della vita e della società”. L’invito alla prima Giornata mondiale dei poveri è rivolto a tutti, indipendentemente dall’appartenenza religiosa: “Dio ha creato il cielo e la terra per tutti; sono gli uomini, purtroppo, che hanno innalzato confini, mura e recinti”. Dalle mura di casa alle parrocchie, fino ai quartieri delle nostre città: una settimana, quella che precede la Giornata, da dedicare alla “condivisione” e alla lotta contro la cultura dello scarto.