Quando nell’anziano si manifestano i primi sintomi di perdita della memoria, confusione tra il passato e presente, disorientamento rispetto a spazi anche di frequentazione quotidiana, i primi a essere disorientati e preoccupati sono i familiari. Ben presto comprendono che niente sarà più come prima, ma non sanno come sarà. Cosa fare? A chi rivolgersi? Lo abbiamo chiesto alla dott.ssa Annalisa Longo, geriatra, presidente dell’associazione malati di Alzheimer “Amata Umbria” che lo scorso fine settimana ha promosso un convegno nazionale a Perugia.
Il primo consiglio della dottoressa Longo “è di convincere i medici di famiglia a prescrivere visite neurologiche, non rispondendo semplicemente che è l’avanzare degli anni”; e il secondo è di “prendere contatto con le associazioni per momenti di condivisione e supporto psicologico”.
Il convegno di Perugia, “La stanza delle idee”, nei due giorni di lavori ha mostrato il lavoro importante fatto dalle associazioni che mettono insieme famiglie e medici. Il progetto, ideato dal prof. Umberto Senin e organizzato dall’associazione “Alzheimer uniti Italia” in collaborazione con Amata Umbria e il Comune di Perugia, è consitito in un corso svoltosi nei giorni 2-3 febbraio presso la struttura Sacro Cuore di Perugia.
Diversi gli esperti che hanno partecipa- to, ma tutti con un unico scopo: parlare della persona , non della malattia. Troppo spesso si sente parlare di demente, ma questo non aiuta né il malato né tanto meno la famiglia: il termine corretto da utilizzare, hanno sottolineato gli interventi, è “persona affetta da demenza”.
“L’Alzheimer è la forma più comune di demenza; aumentando la popolazione anziana e in particolare gli ultraottantenni, aumenta anche il numero di malati”. La tendenza, però, ha spiegato Patrizia Mecocci, dirigente del reparto di Geriatria del “Santa Maria della Misericordia” di Perugia e docente all’Università del capoluogo umbro, non è così scontata. Ha infatti citato uno studio svolto in Gran Bretagna, in cui si parla di “un treno in discesa” poiché il numero dei soggetti affetti da demenza dagli anni ’90 a oggi è diminuito a circa il 20% di pazienti di età compresa tra i 75 e i 90 anni.
Risultato dovuto, ha aggiunto, “a un maggior controllo di vari fattori cardiovascolari, con diminuzione dei fattori di rischio e aumento di quelli benevoli. Con una corretta alimentazione e una buona attività fisica, la percentuale di malati si abbassa, e di conseguenza anche i casi di Alzheimer. A 80 anni in genere non si tratta di Alzheimer puro, ma di una demenza dovuta all’invecchiamento del cervello. Solo l’1% dei malati è residente in Umbria”.
Non esiste ancora una cura, e la preoccupazione è che non si riesca più a fare ricerca, “visto che anche l’azienda farmaceutica Pfizer “ha mollato la ricerca sulla demenza e la ricerca su nuovi farmaci non è molto sviluppata. Le terapie in uso, seppur non molto recenti, sono efficaci. “Il problema – ha sottolineato Mecocci – sorge nel momento in cui non vengono prescritti, soprattutto durante i primi stadi della malattia quando possono rallentare la progressione della patologia”.
Molte sono le associazioni presenti sul territorio che collaborano con il settore pubblico e ricoprono gli spazi dove viene meno l’assistenza, dando sostegno a malati e alle famiglie, e offrendo loro un servizio domiciliare. Varie le iniziative messe in atto: terapie di arte e musica come gruppi di lettura e interpretazione di libri, terapia occupazionale che lavora per garantire la massima autonomia e rafforzare le ultime potenzialità, diventando così un’attività significante per il malato e significativa per le persone che lo circondano.
“L’obiettivo degli operatori è quello di dare il via a un processo di adattamento sia della persona affetta da demenza sia del care giver: la presenza di gruppi di mutuo-aiuto (gruppi composti da familiari e dall’operatore) e di sedute con psicologi rende più facile la situazione. Ogni persona ha una storia a sé, è importante conoscere quello di cosa ha bisogno, e non generalizzare la terapia” precisano gli esperti.
Tutto viene fatto al fine di far star bene la persona affetta da demenza e tutti coloro che lo circondano: devono sentirsi accettati dalla società, amati e non rifiutati, avere la possibilità di raggiungere i proprio obiettivi, rispettando gli obblighi, in una società che non li escluda.
Proprio per questo l’associazione Amata Umbria insieme al Comune di Perugia, all’associazione Alzheimer uniti, al reparto di Geriatria dell’Ao di Perugia e alla Fondazione Fontenuovo, hanno realizzato il progetto “Perugia, città amica delle persone con demenza”. “Perugia – dice la dottoressa Longo – è avvantaggiata dalla presenza di centri diurni, case di quartiere. Il sindaco ha accettato subito il progetto e ci ha messo in contatto con l’assessore Edi Cicchi. Tutto quello che avevamo non bastava, ci vuole altro: Borgo Bello ci aiuta con iniziative e prove. Perugia è stata nominata anche ‘città del sollievo’. Dopo Pasqua ci saranno nuovi incontri”.
Per maggiori informazioni, e per conoscere i nomi di tutte le associazioni del territorio umbro, basta andare sul sito www.amataumbria.it.
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