‘In ogni futura unità pastorale si insedi una o più famiglie evangelizzatrici e accoglienti’: la proposta che ho avanzato nell’ultima abat jour è proponibile oggi? Scrivo la sera del 30 settembre, festa di San Girolamo. 32 anni fa la mia Comunità si stava insediando sul Monte Ansciano, per vivere a Gubbio il proprio riscatto, e promuovere a Gubbio articolazioni di Stato sociale più personalizzate, e forme di Chiesa nella quale ai poveri finalmente venisse riconosciuto quel ruolo di protagonisti del Regno di Dio che il Vangelo assegna loro. L’estate era finita: rimaniamo o torniamo a Fabriano? ‘Rimaniamo se riusciamo a portare l’acqua dal Monte Ingino a San Girolamo.’ – c’eravamo detti ‘ ‘Passeremo un inverno senza riscaldamenti, tutti, compreso quelli che vivono in carrozzina e il freddo lo sentono il doppio; resteremo, al freddo e al gelo; ma ci basterà il calore della gente che abbiamo sperimentato nell’estate appena trascorsa’. Sono cose che si dicono solo quando uno è giovane e incosciente. Solo allora. Purtroppo. Restammo. Quel 29 settembre, sulla costa pelata e scoscesa che strapiomba verso il cimitero, cappottò la grande pala meccanica che apriva la strada ai tubi dell’acquedotto: si rovesciò più volte su se stessa, Basilio che la guidava salvò la crapa perché, invece di tentare di saltare giù, si rannicchiò nel posto di guida, e ci restò fino a quando il folle valzer del mostro finì contro l’unico albero presente in quel sito: più giù c’era il cimitero, bell’e pronto. ‘E’ il giorno di San Girolamo’ ‘ commentò qualcuno ‘ ‘Qualcosina doveva pur fare, anche lui!!’ Quella notte, in totale illegalità e francescana letizia contagiosa, senza permesso veruno prelevammo da una pala consorella, di proprietà di un ente pubblico, ma inerte da anni in periferia, i pezzi di ricambio necessari perché l’indomani il mostro riprendesse a tirare il collo all’acquedotto. Qualche giorno dopo il primo fiotto d’acqua arrivava nel grande conservone che avevamo realizzato in mezzo al bosco. Sopra il tetto del conservone eravamo una ventina di spiritati che danzavamo in maniera scomposta la danza della pioggia, dieci utilizzando le gambe in dotazione grazie al buon Dio e dieci le ruote in dotazione grazie al Ministero della Sanità. Lavoravamo tutti da mane a sera e come reddito potevamo contare su 10.000 (diecimila) lire mensili. In quel clima la proposta della mia più recente abat jour sarebbe stata accettata senza difficoltà. Vivevamo immersi in un clima di oblatività totale. Ma oggi?