L’ultima domenica dell’anno liturgico ci presenta Cristo re e giudice dell’universo. Nella prima lettura la cura del pastore verso il suo gregge (immagine di Dio verso Israele) emerge in maniera poetica; viene mostrata tutta l’attenzione, l’amore verso le pecore, ma viene anche accennato al “giudizio” che il pastore emetterà verso il suo gregge.
Il Vangelo di Matteo presenta una grandiosa descrizione di Cristo giudice della storia e degli uomini. Il criterio di giudizio è molto chiaro e severo: l’amore verso il prossimo, che equivale all’amore verso Dio stesso. San Paolo (seconda lettura) collega la regalità di Cristo alla sua morte e resurrezione; è tramite Cristo che la Storia avrà il suo senso compiuto, la morte sarà sconfitta e “Dio sia tutto in tutti”.
La caratteristica peculiare della regalità di Cristo, emersa dalle letture, consiste in due aspetti “antitetici”: Cristo Re, l’Alfa e l’Omega, che nella sua veste di giudice supremo si identifica con i “fratelli più piccoli”, i più bisognosi, i diseredati.
Cristo è re in quanto “sottomesso” a Dio, in quanto è morto per ubbidienza, e quindi è risorto e ha riscattato tutte le realtà dell’universo. È una sintesi dell’essenza del cristianesimo che viene presentata alla fine dell’anno. Un messaggio inaudito che ha rotto tutte le logiche dell’uomo; con gli occhi della fede, è un messaggio di verità che non finirà mai di essere scoperto, ricompreso e contemplato.
Fa meraviglia che un simile messaggio, apparentemente incongruente, si sia imposto così fortemente nei secoli; le contingenze storiche, a nostro parere, non sembrano renderne ragione. A occhi “esterni”, il fatto appare per vari aspetti sorprendente. Questa miscela di “assurdità” e fascinazione è stata sempre presente fino ai giorni nostri. Il mondo dei non-credenti, tramontata la fase delle “certezze” e del superamento della religione come qualcosa di arcaico e negativo, ha difficoltà a interpretare il cristianesimo proprio per quanto detto sopra. Sia le critiche sia gli apprezzamenti molto spesso appaiono focalizzarsi su aspetti marginali (di tipo morale, giuridico, organizzazione ecclesiale, considerazioni generali intorno al fenomeno religioso, ecc.) senza però cogliere o affrontare il mistero della figura di Cristo nei suoi caratteri essenziali così come le letture odierne ce lo presentano. Il mondo dei credenti si trova anch’esso di fronte a qualcosa di grande ma anche stupefacente.
La lettura del Vangelo suscita addirittura commozione; sorge spontaneo un senso di ringraziamento, di adorazione per l’Uomo-Dio che si propone così verso l’uomo. Si intuisce che è una Parola vera per l’uomo, i suoi problemi; si intravede il superamento delle contraddizioni, delle difficoltà a capire e accettare la condizione umana. È d’altro canto forte la richiesta, l’impegno che comporta l’adesione a questa Parola. Il tono è simile a quello della domenica precedente, le considerazioni già fatte valgono anche per queste letture. Una considerazione ulteriore emerge se ci poniamo di fronte ai problemi del nostro tempo, in cui il cristianesimo spesso non viene considerato, o è relegato a puro fatto privato, personale. La costruzione della Città degli uomini, sempre più complessa e di difficile gestione, presenta segni di affaticamento: c’è la percezione che determianti pilastri della nostra civiltà (la democrazia, il capitalismo) siano in discussione, si va alla ricerca di guide sicure e affidabili, spesso senza successo; serpeggiano incertezza e inquietudine per il futuro.
I cristiani non hanno la chiave di soluzione di questi problemi, ma la fede in Cristo re e giudice della storia ci spinge a rifiutare la rassegnazione e il pessimismo, ci autorizza alla fiducia e alla speranza, e a (ri)proporre quei fondamenti di giustizia e di amore che paiono indispensabili per la costruzione della società civile.