A Gubbio vive una comunità di Canonici regolari lateranensi (Crl). Il nome denota una storia lunga e feconda: sono una delle nove congregazioni che formano la Confederazione dei Canonici regolari voluta da san Giovanni XXIII nel 1959.
Chi siamo? I Crl provenivano dalla città di Lucca (Santa Maria di Frigionaia). Per volontà di papa Eugenio IV, nel 1439 erano a servizio in San Giovanni in Laterano, la cattedrale di Roma, per cui lo stesso Pontefice volle che da allora portassero il nome di “lateranensi”. Idealmente li collegò ai Canonici regolari che, sempre da Lucca, erano stati chiamati nel secolo XII a servire in Laterano, rimanendovi per ben 170 anni. Sanctitas et clericatus, l’aveva definito sant’Agostino col suo stile sintetico e immaginifico, lui che è stato promotore e legislatore della vita canonicale, e con il suo esempio l’ha diffusa nella Chiesa. La vita comune dei chierici risale ai primi tempi della Chiesa. I Crl, dunque, si mossero in questo antico cammino che dà la massima efficacia alla vita dei presbiteri e dei loro collaboratori nell’apostolato, uniti in comunità.
Loro compito e loro servizio per la Chiesa era quello di una liturgia solenne e visibile, e quello della pastorale, particolarmente per mezzo della predicazione della Parola di Dio. Univano insomma l’afflato monastico della santificazione per mezzo dell’ascesi alla generosità apostolica della ministerialità. Alla fine del XIX secolo si unì ai Lateranensi una piccola congregazione canonicale di Cracovia. Inoltre, in seguito a emergenze storiche, i Lateranensi sciamarono fuori d’Italia, per cui attualmente la congregazione è presente in Italia, Francia, Inghilterra, Polonia, Spagna, Argentina, Brasile, Caraibi, e anche in una piccola missione nella Repubblica Centro-africana. La longevità storica del carisma canonicale è la migliore testimonianza della sua validità; è semplice e completo, unisce la ministerialità all’impegno ascetico della vita religiosa comunitaria. L’esortazione apostolica Vita consecrata del 1996 sembra ribadire questo concetto. Dalle particolari caratteristiche che elenca, alcune volte sembra che parli proprio dei Canonici regolari, ad esempio al n. 29: “La vita consacrata, presente fin dagli inizi, non potrà mai mancare alla Chiesa come un suo elemento irrinunciabile e qualificante, in quanto espressivo della sua stessa natura”.
Viviamo in piccole comunità, vicini e solidali con il clero della Chiesa locale. Siamo presenti in Italia in numero di 40 canonici, che servono 13 parrocchie. La millenaria chiesa di San Secondo a Gubbio risale certamente a epoca precedente la fine del secolo V: in essa si vuole che fossero sepolte le spoglie del martire soldato Secondo (+ 284 d.C.) morto ad Amelia sotto Massimiliano imperatore. La vita comune del clero vi ebbe inizio nel secolo X, allorché si cominciò a vivere in comune nell’osservanza della Regola di Aquisgrana. A San Secondo si formava il giovane clero della diocesi eugubina e qui venne condotto anche il futuro vescovo e patrono di Gubbio, Ubaldo (1084-1160). Sempre alla custodia dei Crl vennero affidati l’importante eremo di Sant’Ambrogio e la basilica di Sant’Ubaldo in cui sono conservate le spoglie del patrono. Oggi siamo tre canonici che dal 1983 hanno l’affidamento di due parrocchie, oltre a San Secondo: la cinquecentesca chiesa di Madonna del Ponte, che si rivela troppo piccola per il costante aumento della popolazione, e a fine anno sarà consacrata la nuova chiesa dedicata alla Madre del Salvatore.
Le parole di Papa Francesco ci sostengono in questa missione di vivere la vita consacrata e insieme la dedizione pastorale. Le sue parole pronunciate il 31 marzo 2014 a un’assemblea di religiosi, le sentiamo vive e pungolo per vivere la gioia della consacrazione ogni giorno: “Grazie a Dio, voi non vivete e non lavorate come individui isolati, ma come comunità. E ringraziate Dio di questo! La comunità sostiene tutto l’apostolato… La forza umanizzante del Vangelo è testimoniata dalla fraternità vissuta in comunità, fatta di accoglienza, rispetto, aiuto reciproco, comprensione, cortesia, perdono e gioia”.