Benché la compravendita di esseri umani sia vietata e venga considerata reato in quasi tutti i Paesi del mondo, forme mascherate di tale commercio (giustificato da falso “altruismo”) prosperano all’interno del mercato della procreazione in vitro. È un commercio che conferma la triste regola per cui sono i poveri a vendere i propri corpi e i propri figli ai ricchi, per soddisfarne bisogni e desideri. Strategia di questo mercato è la moderna ideologia della “maternità surrogata”: cioè pagare una donna perché porti avanti una gravidanza e partorisca un figlio per conto terzi. Spesso a commissionare la gravidanza è una persona sola o una coppia gay, e allora pure sui legami biologici fra il nascituro e chi lo ha concepito concretamente regna un buio totale. Per una coppia omosessuale maschile l’utero in affitto e la compravendita di ovociti sono pressoché l’unico modo di avere figli con un qualche proprio contributo genetico. Inoltre il contesto normativo rende di frequente apolidi questi neonati e magari anche orfani, pur potendo “vantare” – teoricamente – fino a sei genitori variamente combinati (committenti, surrogati, genetici). Parlare di “libera scelta” delle donne che accettano di diventare gestanti in sostituzione di altre è una crudele menzogna: sono infatti povere creature “comprate” da soggetti che si auto-definiscono“promotori di vita” e “garanti dell’accordo” sottoscritto tra la parte committente e la gestante surrogata, ma non firmato dalla clinica coinvolta, che in questo modo evita qualsiasi fastidio legale. Si tratta di un vero e proprio schiavismo riproduttivo che l’Occidente secolarizzato ha felicemente abbracciato in nome, naturalmente, dei nuovi “diritti civili”. Ed è in nome di tali diritti che il mercato dei grembi viene considerato eminentemente “filantropico” e “generoso”. Così si afferma (con linguaggio contrito) che parlare di “uteri in affitto” sarebbe dispregiativo e omofobo, perché l’espressione politicamente corretta è quella racchiusa nell’elegante sigla: Gea = gestazione altruistica, o nel più scientifico acronimo Gds = gestazione di sostegno. Analogo “altruismo” alimenta la vendita di quei “pacchetti benessere” che offrono il “dolce commiato” teso a restituire al Creatore i bambini indesiderati o malformati nonché gli anziani sofferenti, beneficiati da eutanasia con protocollo sanitario di qualità. Diffusa è anche la vendita di “pacchetti vacanze” che promettono fantasiosi “trastulli erotici” in virtù del “nuovo diritto” alla “libertà sessuale” essenziale per l’espressione e lo sviluppo della persona, e quindi annoverabile tra i diritti inviolabili di cui all’art. 2 della Costituzione. Non meraviglia quindi che si rivendichi impunità per “l’utilizzatore finale” e “agibilità”, (termine riferito fino a ieri a un edificio) per garantire una “democratica presenza politica” perfino all’evasore fiscale condannato con sentenza definitiva, pronunciata però da una magistratura dipinta come inaffidabile ed eversiva.
Affittasi utero
Nuovi diritti? In realtà, il mercato della procreazione in vitro conferma la triste regola per cui sono sempre i poveri a vendere i propri corpi e i propri figli ai ricchi, per soddisfarne bisogni e desideri
AUTORE:
Pier Luigi Galassi