Addio. Arrivederci in Dio. Giuliano Pardini è morto. Notizia attesa, la malattia da tempo stava facendo il suo corso. Ma l’emozione è stata ugualmente forte. E i ricordi. E i pensieri. Giuliano era di Capannori, provincia di Lucca. Era arrivato in quella che allora era anche la mia comunità, La Buona Novella di Fabriano, nel 1973. 1974: a Gubbio, tra i promotori della Comunità di S. Girolamo. Giuliano era in carrozzina, completamente immobilizzato. Come Benedetta Bianchi Porro, ma da subito, senza gradualità. Una rovinosa caduta da un albero, a pezzi la spina dorsale, quando ancora giovanissimo si guadagnava la vita vendendo frutta sulla spiaggia Non muoveva nemmeno un muscolo, Giuliano. Ma parlava, parlava molto e bene, e sapeva quello che diceva. Non della sua pesantissima situazione, ma di quello di cui parlavamo tutti nelle comunità d’ispirazione cristiana di quel tempo: il mondo nuovo alla cui costruzione volevamo anche noi contribuire, soprattutto quelli tra noi che… “partivano più da lontano”, come lui, con quella sua totale immobilità; la Chiesa dei poveri; il primato degli ultimi; il mondo di tutti…Parlavamo, lavoravamo, ci esaltavamo. Poi da Gubbio si era spostato alla Comunità dell’Elce a Perugia, poi aveva incontrato Antonella e si era sposato con lei. Continuava a collaborare dall’esterno con la comunità. Non si è mai risparmiato. La sua parte l’ha fatta tutta. Con uno stupefacente senso della propria responsabilità. Giuliano Pardini, un inno alla vita. Un grande inno alla vita. Non a quella cosuccia micragnosa e stenta che i Vip della Tv hanno soprannominato vita, e quando dal piccolo schermo ne pronunciano il nome hanno in fondo alla faccia, sotto lo strato di cerone, come ultimo sussulto di pudore, una doverosa ombra di tristezza. Giuliano Pardini. Un inno alla grande vita, quella che Dio aveva pensato per noi. Quella che lui ha realizzato con Antonella. Un giorno qualcuno scriverà la storia di Giuliano e Antonella. Quel giorno saremo tutti un po’ meno poveri.