“Non vedo l’efficacia di un inasprimento della pena per chi pratica l’accattonaggio molesto e insistente. Mentre vedo bene la sinergia tra tutte le forze di polizia per un più organico controllo del territorio, in stretto collegamento con i servizi sociali per l’assistenza di queste persone, come sta avvenendo nel nostro Comune”.
A parlarne a La Voce è il col. Nicoletta Caponi, comandante della Polizia municipale di Perugia. Il Consiglio comunale del capoluogo nel novembre scorso aveva approvato a grande maggioranza la modifica dell’articolo 30 del Regolamento di polizia urbana per combattere in modo più incisivo chi disturba i cittadini chiedendo denaro in modo insistente e anche intimidatorio.
Nel nuovo testo, rispetto al regolamento precedente, vengono meglio specificate le situazioni da sanzionare con multe di 100 euro. Dal divieto di chiedere soldi in modo molesto agli incroci stradali a quello di non intralciare l’accesso alle abitazioni e di disturbare i passanti. Così come è vietato chiedere soldi per rimettere a posto i carrelli della spesa e frugare nei cassonnetti delle associazioni umanitarie per la raccolta di indumenti e altro materiale.
Situazioni e comportamenti che continuano a esserci ma che per i vigili urbani è difficile sanzionare, tanto che dall’entrata in vigore del nuovo regolamento le multe sono state soltanto 3: per un nigeriano “accompagnatore di carrelli”, per uno zingaro che chiedeva l’elemosina per strada, e per un lavavetri marocchino. Multe ovviamente che nessuno di loro ha pagato.
Nella ricerca del Cnca si spiega che, secondo l’ordinamento italiano, la pratica dell’accattonaggio non costituisce un comportamento illegale (a meno che non avvenga con l’impiego di minori o ci si trovi di fronte a casi di riduzione in schiavitù, sfruttamento e tratta di essere umani), invece sono tanti i provvedimenti amministrativi adottati da Comuni e sindaci.
Provvedimenti che nella ricerca vengono definiti “inadeguati e inappropriati” perché “tanto si va a fare una multa a chi non ha la possibilità di pagarla”. Per il col. Caponi però questi strumenti, come quelli adottati dal Comune di Perugia, sono invece utili perché consentono ai vigili urbani di svolgere un’azione dissuasiva.
“Un’azione di disturbo – spiega – nei confronti di persone che dell’accattonaggio hanno fatto una professione, e che non temono la multa mentre hanno paura del nostro intervento, dei nostri ripetuti controlli, della possibilità di essere accompagnati in questura per i provvedimenti di allontanamento e di espulsione dall’Italia”.
I risultati – secondo il comandante dei vigili urbani – ci sono. “La situazione a Perugia – dice – negli ultimi anni è stabile, non abbiamo grossi problemi se non eposidicamente”. Non ci sono più accampamenti di zingari, con qualche eccezione talvolta nella zona di Balanzano, e non risultano situazioni di organizzazioni che gestiscono e sfruttano l’accattonaggio. Anche se – ha spiegato – di fatto esiste una ‘spartizione concordata’ dei luoghi dove chiedere l’elemosina tra famiglie di zingari e all’interno delle comunità di nordafricani.
Per quanto riguarda il fenomeno del commercio ambulante abusivo, anche in questo caso – continua Nicoletta Caponi – a Perugia la situazione è sotto controllo. Grazie anche a un’azione coordinata che in alcune occasioni è svolta con le altre forze di polizia con il sequestro di merce che, se utilizzabile, viene poi donata per beneficenza.
Anni fa in occasione della Fiera dei morti arrivavano a Perugia dalla Toscana anche 300 o 400 venditori ambulanti abusivi. L’anno scorso erano solo alcune decine.
Sul problema dell’accattonaggio, per il col. Caponi è fondamentale la collaborazione e il ruolo delle associazioni di volontariato e dei servizi sociali, che a Perugia – ha detto – sono in grado di assicurare 24 ore su 24 a queste persone un luogo dove dormire, farsi una doccia o trovare un pasto. Talvolta però sono proprio loro a rifiutare l’intervento e un aiuto. Circostanza questa evidenziata anche nella ricerca del Cnca, secondo la quale è difficile riuscire a inserire queste persone in programmi di protezione sociale: dopo la doccia o la notte trascorsa al caldo, gran parte di loro preferiscono tornare sulla strada.
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