La ricordate, la strofetta pubblicitaria? “Le stelle sono tante, / milioni di milioni, / la stella di Negroni… (pausa, prendere l’àzzico)… vuol dire qualità!”. Oggi Negroni è scomparso e le stelle, da milioni di milioni che erano, si sono ridotte a cinque: poche, ma non si limitano più a farsi contemplare.
Fuor di metafora, il trionfo del Movimento 5 stelle alle amministrative di domenica scorsa ci ha tutti spiazzati, in parte piacevolmente, in parte problematicamente. Piacevolmente perché una ventata di aria nuova e pulita ha spalancato porte e finestre. Problematicamente perché per la prima volta a ottenere il potere è gente che lo fa con le migliori intenzioni, ma dei meandri della politica conosce solo l’esistenza, non il funzionamento. Navigare a Torino sul Po, coi mille lacci e lacciuoli che le leggi impongono alla navigazione fluviale, è difficile, ma che dire della navigazione sul Tevere, a Roma? “Sul Tevere”: inesatto: dal tempo di Alemanno a Roma si naviga sulla cloaca maxima, dove le pantecane sono grosse come gatti e i rifiuti organici solidi umani sembrano dei paletti da recinzione. Auguri! Sinceri.
Ma io mi domando: cosa c’è di veramente nuovo nell’organizzazione del Movimento 5 stelle?
Ripartiamo ab ovo. I partiti sono la cinghia di trasmissione del volere popolare a quelli che ‘sminestrano’ nelle stanze di sopra. Ma il volere popolare non è un masso erratico piovuto del cielo milioni di anni fa e sempre simile se stesso. Il volere popolare è un qualcosa di vivo e cangiante. e si forma e si modifica in continuazione, attraverso un dibattito partecipato, critico, ampio a articolato su quali siano, in un questo o quel territorio, i problemi più urgenti e le risorse più agevolmente attivabili. Finché la sinistra aveva le sue cellule e la Dc (anche se in quantità molto minore) le sue sezioni di quartiere o di paese, si verificava questa fondamentale fatica di impastare, mettere al forno della discussione e sfornare il pane cotto… poi magari il boss locale tirava fuori un altro pane, suo, e un altro companatico, suo, comprato con i suoi soldi, e il pane cotto al forno del popolo finiva in gola ai piccioni sulla piazza del Comune.
Ma è dalla notte dei tempi che le cellule o comunque le articolazioni locali dei partiti tradizionali non funzionano più.
Il Movimento 5 stelle ha inventato un nuovo modo per tenere vivo questo dibattito basale: la comunicazione informatica. Tutti i loro aderenti maneggiano quegli aggeggi infernali chiamati (credo) smartphones come se fossero nati tenendoli già in mano. Tutti insieme sanno tutto di tutti, e si accordano su tutto, si dice.
Certo, nelle passate elezioni amministrative l’accordo sull’onestà come prima di tutte le piattaforme rivendicative era fin troppo facile: in un Paese dove chi non ruba rischia la galera, l’onestà la reclamano anche i bimbini dell’asilo.
Ma, al di là di questo, il metodo è buono. Perfettibile, ma buono. Lo dico da profano: anche io possiedo uno di quegli aggeggi, ma da quanto l’ho acquistato il 90% delle chiamate in partenza o in arrivo non vanno a buon fine. Agli altri mille usi possibili dell’aggeggio ci ho rinunciato: mi s’intrauschiano le dita.
Abat jour – Le stelle sono tante…
AUTORE:
Angelo M. Fanucci