Dal quando, nel lontano 1971, andai a vivere in una comunità d’accoglienza – quella che a Fabriano la Comunità di Capodarco apriva con il nome evangelico “La Buona Novella” – una delle mie messe la domenica l’ho sempre riservata alla mia comunità. (Fra parentesi: è stata la prima e l’unica volta che abbiamo battezzato con un nome biblico una nostra comunità. E ben ce ne incolse, perché ogni volta che abbiamo messo in atto quella scelta… spericolata, le cose, quando non sono andate male, sono andate malissimo). La messa in comunità. Tutti intorno al tavolo, non ci sono altari. Tutti seduti per tutta la messa, visto che c’è sempre qualcuno in carrozzina. All’omelia lanciavo qualcuno dei pensieri che la liturgia della Parola mi aveva suggerito, e le risposte che arrivavano alla mia provocazione erano spesso sensate, a volte molto intense. Ma a volte prevaleva il… folklore. Una volta a Fabriano, la notte tra il sabato e la domenica, capitò un fuori di testa che “veniva” (diceva lui); prima che io tornassi da Gubbio a notte inoltrata, aveva terrorizzato le ragazze della Comunità con profferte d’amore languido e poesie degne del Conte Dracula. Lo convincemmo ad andare a nanna, e la mattina dopo disse messa con noi. Solo che all’offertorio tirò fuori un coltellaccio da cucina e mi disse, puntandoselo al petto: “Posso unirmi al sacrificio di Cristo?”.
Mantenni la calma e lo dissuasi dal santo proposito: la lavatrice era in riparazione e l’indomani lavare la tovaglia zuppa del suo sangue sarebbe stato problematico. Ne convenne. D’altra fibra gli episodi più recenti. R. C., 28 anni, aveva bestemmiato. Ho alzato la voce: “Devi chiedere perdono a Gesù!”. Annuì. Poi, con le mani giunte e gli occhi al Crocifisso: “Gesù, io ti perdono!”. Un’eresia? Bah! se riducessimo la vita del Signore al primo spicchio, quello umano, tutto umano, qualcosa di cui rimproverarlo si sarebbe: per come trattava Lorsignori i reattivi padroni delle ferriere, per essersi “angauattato” a Nazareth per sei lustri mentre il mondo la aspettava da mille anni, per aver fatto amicizia con quelli che non contano nulla, il che non è buona cosa in vista della conquista del mondo. Gli abbiamo detto, a C. R.: “Forse questa tua non è al preghiera giusta”. E lui ha risposto: “Ma io ho bisogno delle coccole di Gesù!”. Le coccole di Gesù! Quanti Santi del paradiso accetterebbero una sostanziosa parentesi nel loro stato di felicità per aver scritto questa strabiliante preghiera! Le voglio anche io, quelle coccole, ora che il futuro mi appare, alternativamente, con la faccia arcigna della Commare Secca e con quella solare di Sorella Morte.