“Impastati di vita trinitaria!”. Il commento di mons. Battaglia alla liturgia della Parola domenicale e festiva, depositatosi nei suoi tre volumi (uno ogni anno liturgico) Dalla liturgia alla vita, è sempre pacato e acuto, perché non cede mai al gusto dei fuochi d’artificio cari a certi biblisti, usi ad attraversare impavidi (andata e ritorno, a volte solo andata) il burned out della decenza teologica: il “Cristo della fede” è loro talmente caro da ridurre il “Cristo della storia” a una pallida controfigura. No, signori, così non va! Se il “Cristo della fede” non mantiene perfettamente funzionante, momento per momento, il cordone ombelicale che lo unisce al “Cristo della storia”… scusate la volgarità!, ma… tenetevelo! Non è di lui che ha bisogno la nostra salvezza.
Ma se i commenti che via via si srotolano dalla penna di mons. Battaglia, domenica dopo domenica, festa dopo festa, sono sempre pacati e acuti, il suo commento alla liturgia della Parola della solennità della Ss. Trinità è davvero sorprendente: “Impastati di vita trinitaria!”.
Scrive don Oscar: “C’è sempre un residuo di paganesimo nella nostra fede in Dio e nel rifiuto di Lui che caratterizza tanti nostri contemporanei”.
Per ricordarci che noi cadiamo nell’idolatria non solo quando ci dimentichiamo di Dio e mettiamo qualcun altro al Suo posto, ma anche quando parliamo di Dio come se non fosse Dio, ci voleva questo giovanile antico saggio, la cui pagina conserva ancora intatti l’odore e la freschezza della piana di Norcia, di quando, giovanissimo studente di Teologia, i suoi conterranei se lo additavano, chiamavano Òskire e sorridevano al suo passaggio, perché intuivano in lui al tempo stesso un esponente della nuova saggezza cristiana e l’erede della saggezza umana e della profonda religiosità di cui erano ricche le genti osco-umbre, quando Roma non aveva ancora emesso il primo vagito.
Noi predicatori di mezza tacca ce la prendiamo spesso con l’idolatria del denaro, con l’idolatria del potere, con l’idolatria del successo. Don Oscar denuncia l’idolatria di Dio: molti si sono fatti una loro immagine di Dio, una specie di idolo che venerano o rifiutano a seconda dei casi. L’esito di questa stortura è tragico: in base a questa immagine personale, Dio spesso è più temuto che amato.
L’antidoto è proprio la corretta celebrazione della Trinità santissima, che non è un’astrusa formula algebrica di teologia speculativa, ma una verità che ci inserisce in una misteriosa corrente irresistibile che mette in circolazione relazioni affettuose tra Padre, Figlio e Spirito santo, una corrente di amore che trabocca all’esterno e travolge tutti noi. E ci chiede solo di arrenderci, per lasciarci impastare di vita trinitaria.