Il più bello dei ricordi che mons. Bottaccioli ci ha lasciato è quel volumone di 622 pagine edito nel 2010, dal titolo La diocesi di Gubbio. Tutti lo giudicano “opera di un valente storico locale”. Bah!
Si sa, quando l’ha detto uno che indossa la toga universitaria, o uno inguainato nella mozzetta violacea, tutti gli vanno dietro. Da noi, a Gubbio, è successo quando dovemmo identificare la virtù qualificante di sant’Ubaldo. “La riconciliazione” ha detto un vescovo, “la riconciliazione” ha fatto eco un Papa. E tutti i gatti miao, e miao miao miao, e miao miao miao miao miao miao ffu! Anche se, appena che uno ci rifletta, la riconciliazione non è una virtù ma un risultato; un risultato che (ahimé!) l’amatissimo sant’Ubaldo non conseguì nei confronti dei drammatici conflitti della sua epoca, perché dopo la sua morte essi momentaneamente si placarono, poi si intensificarono. Sul piano spirituale il mirabile risultato della pastorale di Ubaldo Baldassini fu quello di iniettare nel profondo del cuore di ognuno di quei contendenti un po’ di quel fuoco d’amore che divampava nel suo. Sul piano comportamentale altrettanto meraviglioso fu l’essere riuscito a convincere i suoi “figli” a non portare con sé il pugnale quando partecipavano a una delle tante, tumultuose assemblee. Sappiamo tutti che differenza passa tra un occhio nero e un pugnale conficcato tra le costole.
Chi giudica La diocesi di Gubbio “opera di un valente storico locale” si sbaglia, perché quel libro solo per accidens è un libro di storia: in recto è l’inno di amore di un eugubino fino al midollo delle ossa (pur essendo nato a Umbertide), e di un prete fedele alla sua Chiesa particolare, alla diocesi di Gubbio, fino al midollo dello spirito.
Solo così sono accettabili certe scelte reperibili nel volume, scelte che, diversamente interpretate, rimarrebbero quantomeno problematiche.
Certi silenzi. Il più grave non lo nomino, ma gli altri sì. Silenzio sull’ultima parte della vita del vescovo Sorini (1895-1890); sul duro conflitto tra il vescovo Pio Leonardo Navarra (1920-1932) e don Momo Rosati; sulla non irreprensibile linea di condotta adottata dal pur grande Beniamino Ubaldi nei confronti della coppia Turziani-Della Porta; sul suo personale, dolorosissimo conflitto con due sacerdoti della sua stessa levatura (ma con più di un ramo non potato), nel corso del quale peraltro egli si comportò in maniera esemplare.
Certe enfatizzazioni. Sulla portata storica del Movimento studenti eugubino, sull’efficacia (inesistente) dei Sinodi diocesani del ’900, sul valore di una pastorale giovanile che produce atei più di quanto non produca cristiani. Non una storia; un inno. Un inno a volte va accompagnato dal pianoforte con la sordina, a volte da squilli di tromba.