Sabato scorso, 25 febbraio, Papa Francesco ha ricevuto in udienza privata la Comunità di Capodarco in occasione del 50° anniversario della sua nascita; occasione che era già stata celebrata, con la regia di Enrico Mentana, l’11 e il 12 novembre 2016 a Capodarco di Fermo. C’ero anch’io, sia a Capodarco che a Roma, con la mia comunità. A volte queste udienze sono di pura cortesia: evenienza peraltro improbabile con Francesco, che il senso serio della vita lo coglie anche nei momenti più formali. Non è stato di pura cortesia l’incontro tra il vecchio Papa che si muove in un’atmosfera di giovinezza perenne e Capodarco: 14 comunità sparse per l’Italia e all’estero, uno dei frutti più succosi del Concilio, a mente degli storici di settore.
Quattordici comunità, qualche acciacco, molto futuro in cascina. La parole che Francesco ci ha detto sono state molto belle: le trovate sull’Osservatore Romano. Ma molto belle e incisive sono state anche le richieste avanzate a nome di tutti noi dal presidente nazionale don Vinicio Albanesi. Prima proposta: “Non dare peso, Papa Francesco, alle critiche che ti vengono mosse. Sono uomini piccoli, quelli che le lanciano, ‘farisei’. Scribi? No, scribi no, perché sono ignoranti. Ma noi ti vogliamo bene, molto bene”.
Seconda proposta: “Continua, Papa Francesco, la tua denuncia dell’ingiustizia che domina il mondo. Grazie anche e soprattutto a te, deve essere una spina nel fianco di tutti gli uomini di buona volontà il solo pensiero che l’1 per cento della popolazione mondiale spadroneggia sul 99 per cento delle risorse”.
Terza proposta: “Ti chiediamo di dare corpo al tuo progetto di diaconato femminile. Nella Chiesa sono molte le donne di alto profilo culturale, teologico e morale. Molte, con una spiritualità intensa almeno quanto quella degli uomini di Chiesa migliori, ma di qualità diversa. Suore, educatrici, assistenti socio-sanitarie, frequentatrici assidue della parrocchia”.
Già. Ci ripenso e mi convinco che anche nelle nostre comunità di vita condivisa e autogestita sarebbero di grande importanza diaconesse animatrici di comunità. Un’ennesima figura di operatrice sociale? Sì, ma di una caratura diversa, com’è diverse la solidarietà insita nella nostra natura rispetto al primato dell’emarginato che il Signore Gesù ci chiede oggi di trasformare da opera buona a caposaldo dell’ecclesiologia teologica.