L’ideale della giustizia gli uomini se lo portano dentro da sempre, forte e chiaro, e con esso il dovere di lottare per la giustizia. Le mezze cartucce come lo scrivente e (forse) una parte dei suoi lettori, in genere, interpretano in chiave minimale questo imperativo categorico della coscienza: ci accontentiamo troppo spesso di ridurre la lotta per la giustizia a non commettere ingiustizie, e così andiamo a letto tranquilli, con l’unico pericolo di svegliarci (lo scrivente) nel cuore della notte perché gli emodiuretici hanno deciso così. Forse per questa mia mediocrità, in tv mi affascinano storie lontanissime tra loro, ma il cui comune denominatore è la lotta eroica per la giustizia. Le vedo sempre da solo, perché non riesco a frenare le lacrime. Letteralmente, mentre con i piedi in alto, tento di facilitare le mia capricciosa circolazione sanguigna negli arti inferiori. Tre storie, ultimamente. Le ho trovate dopo aver nuotato a lungo nel mare di banalità sul quale si affrontano a singolar contesa le tv commerciali e la tv di Stato.
Tre storie
– La storia di Pietro di Cafarnao, su Sat 2000, interpretata in maniera magistrale da Omar Sharif, dove, secondo il vocabolario neotestamentario, “giustizia” è l’ossequio totale e incondizionato alla volontà di Dio.
– Su Sky la storia di Spartaco, interpretata da quel Kirk Douglas dalla cui faccia scultorea spira ribellione alla bestiale schiavitù dei gladiatori, così come sulla faccia di suo figlio Michael s’intravvedono porcheriole assortite.
– La storia del commissario Luigi Calabresi su Rai Uno, la prima di tre vite emblematiche degli “anni spezzati”, interpretata da un attore di cui non conoscevo l’esistenza, Emilio Solfrizzi. Dice che viene dall’avanspettacolo, certo che è bravissimo e, oltretutto, assomiglia al Commissario in maniera impressionante. Sullo schermo sfilavano le immagini secche, essenziali, di quegli anni esaltanti e tremendi, e nella mente riaffioravano i ricordi di una speranza e di una sofferenza indicibili. Quei giovani di nuovissimo conio, così generosi negli ideali che professavano, così cervellotici nella logica matematica che usavano per renderli concreti, così disumani o addirittura crudeli nelle decisioni operative alle quali approdavano. Li abbiamo sconfitti, com’era giusto. Ma insieme ai loro torti abbiamo sconfitto anche le loro ragioni, E oggi l’on. Brunetta può impunemente dire in tv che la disuguaglianza è il motore della vita sociale.