L’impegno sociale della Regione Umbria e, al suo interno, l’Asl Umbria n. 1 dispone (è il verbo esatto) di una corazzata (è il sostantivo esatto), una gigantesca cooperativa, l’Asad. Per il suo tramite, l’Asl ci ha sempre tenuto sempre sotto tiro, da quando è nata, poco dopo che eravamo nati noi. Ultimamente poi la regina dei mari s’è specializzata in piccole carognate, volte solo a fastidiose provocazioni, come e non più di uno sternuto.
Una sua corazzata da 600 unità, a tanto assommano i suoi soci, dipendenti, soci dipendenti. L’Asad ha un’ottima dirigenza (Carlo Biccini) e molti ottimi operatori, anche a Gubbio, come Paola Minelli e Claudio Larocco e Gianni Pauselli e – dicono – Marco Rufoloni.
Ma il problema non è la qualità della dirigenza e degli operatori, il problema vero è l’uso politico/partitico della corazzata. Tra le figure contemplate dalla Costituzione c’è la cooperativa come spazio possibile di identificazione tra datore di lavoro e lavoratore, e il partito come cinghia di trasmissione del volere popolare in vista della creazione della classe politica destinata a realizzare il bene comune. Cooperazione e partito, piani diversi, indipendenti nel loro ordine, cioè nell’attuazione della propria missione. Non per nulla l’Alleanza delle cooperative italiane di Ravenna nel gennaio del 2012, per celebrare l’Anno internazionale delle cooperative, ha avviato un discorso che per volere di Legacoop, Agci e Confcooperative (cito dal suo comunicato finale) progressivamente si è concentrato su due principi fondamentali della cooperazione, quello dell’autonomia e dell’indipendenza e quello dell’impegno verso la collettività.
Ma dalla nostra Asl, all’obiezione che muovevamo loro di non avere mai assegnato al nostro diurno di Gubbio, tra il 2010 e oggi, tutt’e dieci i soggetti bisognosi di ricovero che avevamo concordato, hanno risposto: “Prima bisogna che facciamo lavorare i nostri”.
I nostri. Prima bisogna che facciamo lavorare i nostri. Obiezione, Vostro Onore: ma noi quel numero di presenze l’avevamo concordato con voi, commisurando su di esso il numero degli operatori da assumere. Ma soprattutto, che senso ha quell’“i nostri”? Ohé! Anche il nostro barcone è vostro, esattamente quanto lo è la corazzata; questo almeno da quando anche la Regione Umbria, in ritardo su altre Regioni e castrandolo con mediocre furbizia, ha inserito nel suo Statuto il principio di sussidiarietà.
Ultimamente poi l’Asl 1 l’ha fatta proprio grossa: ad assistere un nostro ospite bisognoso di due ore di assistenza supplementare, ci ha mandato in casa un operatore Asad. Un bravo operatore, ma io ho reagito male, malissimo, battendo il pugno sul muro e gridando: “Cavolo!!” con due “z”.