È la mattina del Mercoledì delle ceneri. Stasera dirò messa con i miei “ragazzi”, e mi farò imporre la cenere sui miei capelli bianchi, e imporrò la cenere sui loro capelli neri, e dirò a me stesso e a loro le parole che la Chiesa mi mette in bocca: “Ricordati o uomo che sei polvere e polvere ritornerai”, e “Convèrtiti e affidati al Vangelo”. È la quaresima.
Per aiutare me stesso e i miei diciassette lettori a vivere al meglio la quaresima ho pensato … Quello che ho pensato lo trovate in questa e nelle prossime abatjour.
La preghiera eucaristica è l’epicentro concreto della nostra vita cristiana concreta. Ma fino al Concilio, il Messale romano conosceva una sola forma di questa preghiera, il “Canone romano”: per secoli è stato l’unico, per migliaia e migliaia di comunità.
Poi però (Messale di Paolo VI, 1973), il Canone romano divenne Preghiera eucaristica I, e altre tre preghiere eucaristiche (II, III e IV) gli sono state aggiunte. “Solo queste quattro preghiere hanno validità universale”, decise Papa Montini, nella prassi liturgica però prevalse l’utilizzazione delle preghiere eucaristiche II e III.
Non bastava così? No. La Cei, nella nuova edizione del messale in italiano (1983), fece un altro passo avanti: introdusse due “Preghiere di riconciliazione”, ma soprattutto, entusiasta delle quattro nuove preghiere proposte dal Sinodo delle Chiese svizzere nel 1970, le aggiunse tutte quattro, in appendice, connotandole come Preghiera V/A, Preghiera V/B, Preghiera V/C, Preghiera V/D: un numero romano che è sempre lo stesso e una lettera maiuscola che cambia sempre; questo perché le quattro preghiere hanno in comune la loro parte centrale (il numero V), mentre ognuna ha come propria la parte iniziale (il “Prefazio”) e l’intercessione finale (prima della grande Dossologia: “Per Cristo, con …): di qui la diversa lettera maiuscola.
E sono proprio queste parti, il Prefazio e le Intercessioni, che dànno il tono teologico del racconto di quello che per noi, quella sera di amicizia estrema e di passione straziante, fece per noi il Figlio di Dio: il racconto è sempre lo stesso, l’intonazione varia.
Siamo dunque di fronte ad un pluralismo espressivo sconosciuto nel passato, ma molto importante per la comunità di oggi. Ieri infatti il Canone era in latino e veniva recitato tutto sottovoce, oggi la Preghiera eucaristica è nella lingua che parla la comunità che celebra e il presidente la pronuncia tutta ad alta voce. Ottima opportunità per vivere finalmente l’elevatio mentis in Deum nella sua forma più importante: l’ascolto.