Prima le parole contro la guerra: pesanti come macigni. Pronunciate su piazza S. Pietro, dall’alto delle più famosa finestra del mondo, all’Angelus di domenica 8 settembre. Parole dure, pesanti, taglienti come un diamante, senza “se” e senza “ma”, contro l’ipotizzato bombardamento della Siria. NO! Un “no!” grande quanto la cupola di Michelangelo, grande quant’è grande il mondo. Non importa che, secondo la miope lettura dei più acclarati esperti di politica internazionale, quelle parole schierino il Papa vicino al “tradizionale nemico” e lontano dall’altrettanto “tradizionale amico”. No alla guerra. NO! Parole inappellabili. NO! Dio ti benedica, Papa Francesco!
Poi le parole grondanti affetto sconfinato e appena sussurrato rivolte martedì 10 settembre ai rifugiati politici del Centro di accoglienza a loro dedicato in via degli Astalli. Uno di quei rifugiati politici, un nero dagli occhi vivissimi, ha dichiarato di non avere mai sentito Dio tanto vicino come quando il Papa si è chinato al suo orecchio. Dio ti benedica, Papa Francesco!
Da una parte l’intervento autorevolissimo, per sbarrare la strada a uno di quei macro-errori che, se messi in atto, sono destinati a lasciare una cicatrice profondissima nel corpo dell’umanità intera, un intervento basato sulla coscienza di essere ormai la massima autorità morale del mondo.
Dall’altra la corsa improvvisa, a via degli Astalli, sull’auto di un impiegato, a esprimere fraterna gratitudine a dei perseguitati politici “per aver difeso la loro e nostra dignità”.
Era quello che auspicavamo, questa coniugazione della nuova “carità politica” e della sublime carità interpersonale di sempre, quella del buon samaritano. Sulla scia di questa carità che è nel Dna della nostra storia cristiana, la carità politica, in nome della dignità della persona e con la forza che il Papato si è acquistato nel mondo moderno, soprattutto dopo il formidabile colpo di reni di Papa Francesco, interviene sui macro-fenomeni che riducono le persone a birilli.
Da quando, nel 1994, lo storico marxista Eric J. E. Hobsbawm, inglese, ha pubblicato Il secolo breve, quel suo ponderoso saggio che è diventato il pilastro portante del dibattito storiografico-scientifico sul mondo contemporaneo, la carità della Chiesa deve da una parte mantenersi all’altezza della sua gloriosissima storia, fatta di sempre nuove iniziative a difesa concreta del povero concreto; ma al tempo stesso la Chiesa deve anche farsi carico dei grandiosi processi che a livello mondiale bruciano come insetti inutili non una, ma milioni di persone. I totalitarismi che da politici diventano economici, le migrazioni di dimensioni bibliche che la storia impone, la globalizzazione che tende a diventare globalizzazione dell’egoismo, e soprattutto l’implacabile dittatura del denaro che regge il mondo. Oggi la Chiesa se ne fa carico. Grazie, Papa Francesco!