A Natale aprirà il nuovo museo regionale sull’emigrazione

Si è svolto a Gualdo Tadino il Convegno sui musei dell'emigrazione

La storia dell’emigrazione italiana all’estero è un fenomeno storico così complesso che non è possibile cedere alla tentazione delle semplificazioni o, peggio ancora, delle idealizzazioni per poter dire di aver contribuito onestamente alla sua conoscenza al gran pubblico. Questo, in sintesi, il risultato problematico che esce dalla due giorni del convegno ‘I Musei dell’emigrazione’ svoltosi presso la sala Congressi del Verde Soggiorno, a Gualdo Tadino, il 7 e l’8 giugno scorsi. Un incontro di alto livello, con un pubblico numeroso ed attento, composto in buona parte da insegnanti di scuola media e superiore, da operatori del settore – non numerosissimi a livello internazionale – e da quegli esperti che, in questo campo, rappresentano degli autentici pionieri. Esperienze diverse, unite tutte dalla volontà di non dimenticare una pagina così complessa della storia del nostro paese. E già qui le opinioni divergono. Un fenomenoa luci ed ombreEmilio Franzina, nel suo intervento, ha invitato a non caricare di eccessivo ‘idealismo’ la figura dell’emigrante, specie in realtà come il Nord America; se, infatti, un museo dovesse raccogliere integralmente il fenomeno degli italiani del mondo, non dovrebbe poi sottacere – come finora sempre fatto – realtà tipicamente italiane come la malavita organizzata americana o, dall’altra parte, realtà tragiche come il razzismo di cui furono vittime gli stessi italiani: dalla strage di nostri connazionali a New Orleans, all’inizio del secolo scorso, fino a quelle della Provenza, del Brasile e dell’Argentina. Bisogna quindi ‘spogliare’ l’emigrante da quella pesante retorica per non correre il rischio di dare una percezione distorta di un’intera epoca storica. Come ti maltrattoil visitatoreD’altro canto, l’operazione di ‘creare un Museo’ non deve far cadere chi la compie nella tentazione di ‘imbalsamare’ e ‘seppellire’ un fenomeno dai molteplici livelli di lettura. Molto apprezzato è stato, in questo senso, l’intervento di Anne Morelli, studiosa belga, che ha relazionato su alcune mostre sull’emigrazione recentemente tenutesi a Bruxelles.Sconvolgente, in particolare, l’ultima, che occupò, due anni or sono, l’intera stazione di Scarbet, nella capitale belga. Qui venne esattamente ricostruita, su più livelli, la situazione che gli emigranti italiani, marocchini e turchi trovarono al loro arrivo in Belgio: il pubblico veniva costretto ad un percorso tortuoso e spesso aleatorio, le cui uniche indicazioni erano costituite da ordini urlati in lingua finlandese da alcuni addetti della mostra, da cui i visitatori dovevano dedurre – proprio come gli emigranti che giungevano ammassati in treni maleodoranti – il percorso da fare: un percorso che toccava più uffici, pieni di ufficiali e burocrati sgarbati, che riducevano gli emigranti a numeri. Visitatori, insomma, maltrattati. Una mostra ‘al contrario’, ‘controcorrente’, ben diversa – secondo la studiosa – da tante celebrazioni ideologizzate dell’emigrante come self made man, colui che, arrivato in Usa con una valigia di cartone, diventa miliardario. ‘Favole!’ ha commentato la Morelli. La realtà dell’emigrazione italiana in Belgio e nel mondo è costellata di squallide negoziazioni fra ministeri degli esteri, norme sanitarie sottaciute: un esercito di contadini semianalfabeti mandati al macello, ‘a morire di silicosi nelle miniere di carbone dove i belgi non volevano più lavorare’. Incursioni ‘politiche’Che è un po’ la situazione che oggi, al contrario, si ripropone nel nostro Paese, dove, a fronte di una disoccupazione piuttosto alta, molte industrie assumono lavoratori stranieri per mansioni che nessuno vuole più fare.In questo senso, nei loro precedenti interventi, il sindaco Pinacoli, poi l’on. Giulietti (Ds), hanno sottolineato con decisione la loro decisa contrarietà ai nuovi provvedimenti del governo in fatto di emigrazione. ‘Razzisti’ hanno commentato entrambi. Tutti sono stati però concordi nel riconoscere come sia prima di tutto necessario non ricadere nell’atteggiamento che assunsero gli stati nord europei, quarant’anni or sono, nei confronti di noi, allora poveri emigranti italiani. Un museo in fieriMolto più drammatica la figura dell’emigrante presentata dal giornalista Roberto Olla, autore di documentari e cortometraggi sull’argomento: una vera saga, toccante, a forti contrasti di un’intera epoca di eroiche imprese e di meschine ingiustizie. Più obiettive ed asettiche le altre relazioni. Ne esce non una idea di museo, ma un museo in fieri, problematico, in bilico fra tentazioni di ‘ideologizzazione’ e ansia di ‘recupero’. Quale, dunque, il nuovo Museo regionale dell’emigrazione di Gualdo Tadino? Lo vedremo alla sua apertura, a Natale.

AUTORE: Pierluigi Gioia