Sacerdoti e seminaristi si sono recati in pellegrinaggio in Terra Santa. Con loro anche il vescovo mons. Paglia al quale abbiamo rivolto alcune domande. Questo pellegrinaggio che senso riveste per il clero diocesano? “Sono stato molto contento del viaggio in Terra Santa con un folto gruppo di sacerdoti e seminaristi. Possiamo dire che con noi erano presenti tutti gli altri che erano spiritualmente con noi lungo il pellegrinaggio. Li abbiamo spesso ricordati. È significativo che come pastori della comunità cristiana ci siamo messi insieme alla sequela del primo e vero pastore Gesù. Lo abbiamo seguito nei luoghi in cui ha vissuto, cercando di scorgere nella terra che lui aveva di fronte, l’amore e la compassione con cui incontrava le folle. Per noi è significato ricomprendere il nostro compito. Gerusalemme in modo particolare è come il paradigma del mondo intero. Da lì si è diffuso il Vangelo che abbiano ricevuto. In questa città è contenuto come un mistero, quello della convivenza di popoli diversi che proprio qui affondano le loro radici spirituali e religiose: cristiani, ebrei, mussulmani”. I momenti più significativi? “Abbiamo cominciato il nostro cammino dalla grotta di Nazareth, dove un angelo ha proposto a Maria di divenire la Madre di Dio. Questo angelo ha accompagnato anche il nostro cammino proponendoci di portare con noi il Signore nel nostro cuore e annunciarlo a tutti quelli che incontriamo. Sul monte delle Beatitudini ci siamo commossi con Gesù davanti alle folle del mondo. Al Getsemani abbiamo contemplato, prostrato sulla roccia, Gesù agonizzante che pregava il Padre, ma anche la sofferenza di tutti i popoli. Lì abbiamo sentito la necessità di rimanere svegli per restare vicini a Lui sofferente, nel corpo dolorante di tutti i poveri della terra. Al Santo Sepolcro poi abbiamo pregato in modo particolare per tutti i cristiani della nostra diocesi, per le parrocchie, i religiosi, sacerdoti per stringerci insieme attorno all’annuncio sconvolgente della resurrezione”. Un pellegrinaggio non solo ‘classico’. Perché? “Accanto al senso religioso il nostro incontro con la Terra Santa ci ha permesso di entrare nella vita dei popoli che la abitano oggi. Per questo abbiamo voluto visitare il museo dell’Olocausto memoria del genocidio degli ebrei nel secolo scorso. Non è possibile non soffermarsi e commuoversi davanti al dramma di milioni di uomini, uccisi solo perché figli di Abramo. Abbiamo incontrato le sofferenze del popolo palestinese e il lavoro di tanti testimoni di pace che vogliono costruire un futuro diverso per la Terra Santa. Essere accanto a loro è stato capirli senza giudicare, per essergli vicini in uno sforzo di pace”.
A contatto con la gente nella terra di Gesù
Mons. Paglia racconta il pellegrinaggio in Terra Santa
AUTORE:
Elisabetta Lomoro