La scuola è principalmente luogo della memoria. E della memoria “critica”, intelligente, cioè capace di indagare, ricercare, confrontare, valutare. Anche quest’anno si è celebrato il Giorno della Memoria, una ricorrenza internazionale fissata al 27 gennaio, con l’obiettivo di commemorare le vittime della Shoah, lo sterminio degli ebrei durante il periodo nazista.
Il 27 gennaio 1945 è la data in cui le truppe sovietiche entrarono nel campo di concentramento di Auschwitz, liberando i prigionieri che vi erano ancora ospitati, dopo che i nazisti avevano avviato l’ultima e terribile marcia della morte, ritirandosi e cercando di eliminare le prove dello sterminio. In realtà altri campi erano già stati liberati dalle forze alleate, ma la particolare importanza di Auschwitz nel sistema della “soluzione finale” ordinata da Hitler, la sua forza simbolica, contribuirono a dare un’importanza speciale alla data della liberazione del terribile campo in terra polacca.
Si dirà che ogni anno è la stessa storia. Ogni anno si ripetono le celebrazioni in memoria delle vittime, di condanna per i carnefici, di auspicio perché “non succeda più”. Ed è vero. Ogni volta è come aprire una finestra sull’orrore, forse così grande da provocare addirittura il rigetto, la tentazione di chiudere per sempre questa finestra imbarazzante per tutta l’umanità. Una tentazione, questa, che cerchiamo di rimandare indietro, perché ricordare – è questo, in fondo, il messaggio dei sopravvissuti – è un dovere verso le generazioni future e un monito imprescindibile anche per l’oggi. Un oggi segnato da tragedie che sembrano dimenticarsi ogni volta dell’insegnamento della storia e fanno balenare il sospetto che non basti la memoria per dire “mai più”.
Quello che accade in Medio Oriente, ad esempio, con la durissima reazione israeliana all’attacco del 7 ottobre. Non serve e non è questo il posto per entrare in una polemica infinita. Piuttosto è interessante ricordare come tali argomenti possono e devono essere intercettati dalle nostre scuole, che pure ogni anno si danno da fare in mille modi per non perdere la memoria. E non solo il 27 gennaio. Si pensi ad esempio ai viaggi di istruzione nei luoghi dello sterminio e alle innumerevoli iniziative didattiche che con passione vengono promosse negli istituti italiani.
Ecco, la scuola è principalmente luogo della memoria. E della memoria “critica”, intelligente, cioè capace di indagare, ricercare, confrontare, valutare. Ascoltare le fonti, avviare gli approfondimenti, promuovere i confronti necessari perché le lezioni della Storia diventino patrimonio delle coscienze e non solo occasione di ricorrenze. Perché davvero maturino consapevolezze e responsabilità tali da rendere concreto l’auspicato “mai più”.
Alberto Campoleoni