Con la lettera appassionata ai Vescovi della Chiesa cattolica, Papa Benedetto ci ha fatto entrare nelle pieghe più intime del suo animo, in un momento di particolare amarezza. Che il Papa, in un modo insolito, debba spiegare i motivi del suo gesto della remissione della scomunica ai quattro vescovi, ordinati illecitamente dall’arcivescovo Lefebvre senza mandato dalla Santa Sede, e debba scusare gli sbagli occorsi sia nella insufficiente chiarezza al momento della pubblicazione del provvedimento, sia ancor prima, il non aver esplorato, da parte di chi doveva, tutte le fonti possibili prima di aggiornarlo sulla precisa situazione, sbagli che hanno provocato ‘una discussione di una tale veemenza quale da molto tempo non si era più sperimentata’, è un atto di grande trasparenza e umiltà. Ritenuto necessario, quel chiarimento, ‘per contribuire alla pace nella Chiesa’. Partecipando con profonda emozione alla sua pena, abbiamo colto, proprio nella sua sofferenza, l’amore per la unità e la pace della Chiesa e la responsabilità del suo mandato di ‘confermare i fratelli nella fede’. Le grandi priorità del suo pontificato, già chiare nei discorsi dell’inizio, il Papa ha voluto rammentarcele con drammatica convinzione: ‘Nel nostro tempo in cui in vaste zone della terra la fede è nel pericolo di spegnersi come una fiamma che non trova più nutrimento, la priorità che sta al di sopra di tutte è di rendere Dio presente in questo mondo e di aprire agli uomini l’accesso a Dio’. Ne deriva una conseguenza essenziale: ‘Chi annuncia Dio come Amore sino alla fine deve dare testimonianza dell’amore: dedicarsi con amore ai sofferenti, respingere l’odio e l’inimicizia’. È quanto Papa Benedetto ci aveva già detto nell’enciclica Deus caritas est, ricordandoci la dimensione sociale della fede cristiana. Di fronte a questo orizzonte, come stride ‘quel morderci e divorarci, che esiste anche oggi nella Chiesa come espressione di una libertà male interpretata’Condurre gli uomini verso Dio, verso il Dio che parla nella Bibbia, questa è la priorità suprema e fondamentale della Chiesa e del Successore di Pietro in questo tempo. Da qui deriva come logica conseguenza che dobbiamo avere a cuore l’unità dei credenti. La loro discordia, infatti, la loro contrapposizione interna mette in dubbio la credibilità del loro parlare di Dio. Per questo lo sforzo per la comune testimonianza di fede dei cristiani ‘ per l’ecumenismo ‘ è incluso nella priorità suprema. A ciò si aggiunge la necessità che tutti coloro che credono in Dio cerchino insieme la pace, tentino di avvicinarsi gli uni agli altri, per andare insieme, pur nella diversità delle loro immagini di Dio, verso la fonte della Luce ‘ è questo il dialogo interreligioso. Chi annuncia Dio come Amore sino alla fine deve dare la testimonianza dell’amore’. Noi, cristiani umbri, abbiamo subito un’occasione favorevole per misurarci con quanto il Papa ci propone. È la grande raccolta di domenica 29 marzo, quinta di Quaresima, che i Vescovi delle otto diocesi umbre hanno indetto col documento Le Chiese umbre di fronte alla crisi, per venire incontro ad alcune necessità di famiglie e persone rimaste senza lavoro e nel bisogno, che non potranno rientrare nelle categorie protette con interventi governativi, regionali, comunali. Un’offerta generosa che ci aiuti ad entrare sul serio nel significato del digiuno quaresimale, finalizzato alla carità verso Dio autenticata dalla carità verso i fratelli.
Priorità suprema: l’amore
Parola di vescovo
AUTORE:
Pietro Bottaccioli