Diamo voce alla famiglia

Editoriale

Abbiamo appena concluso un Convegno regionale su ‘Famiglia, il futuro di tutti (vedi pagg. 2-4). Al termine, tra le conclusioni cui si è giunti, c’è stata la proposta: La Voce in ogni famiglia. I motivi sono ovvi e conosciuti: con La Voce entrano in casa messaggi positivi, cristiani ed umani, informazioni sulla Chiesa e la vita religiosa delle popolazioni dell’intera regione, si crea un vincolo di amicizia e dialogo tra realtà diverse della Chiesa e della società, della cultura e della politica, si dialoga e si condividono problemi e valori. Si potrebbe continuare. A ciò desidero aggiungere, ed è questo il senso di quanto segue, che si deve dare anche una voce alle famiglie, perché possano non solo ricevere, ma anche inviare, e inviarsi tra loro, messaggi e informazioni. Devono avere la possibilità di farsi sentire nella comunità ecclesiale e civile, senza limitarsi a subire e tacere, oppure essere costrette a manifestazioni o raccolta di firme o a forme straordinarie di protesta o altro per affermare le loro ragioni. La famiglia è una realtà delicata e tranquilla, che non si presta al movimentismo dei gruppi di pressione; è lenta a marciare per le vie e ad accorrere a fare ressa nelle piazze, anche se è riuscita a questo e a quello. Non sono d’accordo, ad esempio, di coinvolgere bambini e ragazzi nelle manifestazioni scolastiche di protesta. Mi viene di dire: ma dove li portano? Nella normalità e continuità propria di un giornale, attento alla vasta problematica dei nuclei familiari e dei singoli componenti, si dà voce alle famiglie perché possano far conoscere la loro vita, reclamare diritti spesso misconosciuti, sostenere battaglie civili e democratiche per il bene comune dell’intera comunità. Questo è ciò che intendiamo con ‘Diamo voce alle famiglie’. Renderle capaci di protagonismo anche nella sfera della comunicazione. Facciamo qualche esempio. È bene che si sappia, e non è una questione di partito, che l’Italia è il Paese che in Europa investe la minor percentuale del Prodotto interno (il Pil) per la famiglia. Stiamo assistendo nel silenzio generale anche al taglio del 32% del Fondo per la famiglia. Il che significa che nel 2009 non ci sarà neppure un euro per i consultori familiari, per le famiglie numerose e per gli assistenti familiari. Altro esempio riguarda la violenza sui bambini all’interno di famiglie in crisi o apparentemente normali. A questo si aggiungano i preoccupanti fenomeni dello sfruttamento sessuale, della pedofilia e dei bambini soldato. Altro esempio è quello degli orfanotrofi. Non vogliamo denigrare istituti che in passato hanno accolto orfani e bimbi rifiutati, e non saremo certo noi a gettare fango su una storia di sacrifici e di carità di cui i cristiani sono stati e sono protagonisti e benefattori. Ma oggi, dalla psicologia infantile, sappiamo che l’istituto non riesce sempre a dare ciò di cui i bambini, per crescere sani, hanno bisogno: una buona relazione affettiva all’interno d’una famiglia. L’associazione Amici dei bambini (Aibi) lamenta la mancata attuazione della legge 149 del 2001, che prevede l’inserimento nelle famiglie attraverso l’affido e lo svuotamento degli istituti. Ebbene, a tutt’oggi, i bambini in orfanotrofi in Italia sono 34 mila e le coppie disponibili all’affido sarebbero circa 50 mila. Cosa, allora, non funziona? Proviamo a dire e fare qualcosa insieme.

AUTORE: Elio Bromuri