Il gesto che compiranno i vescovi italiani nella loro Assemblea, in svolgimento questa settimana, che rimarrà fissato in modo evidente nella storia è quello in cui si incontrano con Benedetto XVI e gli consegnano nelle mani la Bibbia nella nuova traduzione ufficiale, la Bibbia della Cei. Non è solo un gesto, ma un’icona dalla quale si sprigiona alla mente di chi vuol comprendere – a cominciare dai nostri amici e fratelli evangelici – l’idea che il Papa, i vescovi e, naturalmente, i fedeli, cioè tutta la Chiesa cattolica sta accanto e sotto la Bibbia, che contiene la Parola di Dio, ed ha cura di essa, come di un tesoro, oggi come agli inizi della storia cristiana. La Bibbia, infatti, è la sorgente della rivelazione e della fede anche per i cattolici. Nel nostro tempo, inoltre, è maturata l’esigenza di andare a leggere la Scrittura nei testi originali e di farne traduzioni aggiornate e adeguate al linguaggio attuale. Questo per favorirne la comprensione, la più immediata possibile, senza perdere il significato, né adulterarne il messaggio. Per questo, dal Concilio Vaticano II in poi, sono venute alla luce molte traduzioni pubblicate da editori diversi. Una di queste è la famosa Bibbia interconfessionale tradotta ed edita insieme da cattolici evangelici e ortodossi, la Tiilc, traduzione interconfessionale in lingua corrente, pubblicata in coedizione dalla cattolica Ldc e dalla Alleanza bibica universale. Un’opera portata a compimento nel 1985 da un nutrito gruppo di esegeti, esperti nei vari libri (come si sa, la Bibbia è formata da 39 libri canonici, sui quali tutti sono d’accordo, e 10 deuterocanonici non accettati come ispirati da tutte le confessioni, che compongono l’Antico Testamento, e 27 libri del Nuovo Testamento) e da molti revisori, tra i quali anche ebrei. Un’opera durata circa venti anni e che costituisce ancora un monumento all’unità universale della Chiesa, in continuità storica con la rivelazione ebraica. Anche con questa straordinaria operazione pan-cristiana e giudaica, Dio ha voluto far conoscere all’umanità smarrita dopo due guerre mondiali, combattute in nome del paganesimo nazionalista e sacrilegamente teistico – quello del Gott mit uns e di ideologie atee -, che Dio continua a parlare agli uomini affinché si salvino riconoscendo la verità del ‘non uccidere’ e degli altri Comandamenti. Questa traduzione ha spinto molti a tirar fuori la Bibbia dagli armadi polverosi e metterla nello zaino del giovane pellegrino e sul tavolo del giornalista, superando vecchi pregiudizi. Ma, oltre a tutto questo, è giusto mettere a fuoco e in bella evidenza la nuova traduzione che mons. Betori ha definito ‘tra tutte la più bella’. Viene spontaneo pensare che in tale giudizio vi sia il sentimento di chi si sente un po’ il padre di questa traduzione, ma vi è anche la competenza di chi è per professione un biblista di valore, che ha insegnato per anni nell’Istituto teologico di Assisi, di cui è stato anche direttore. A proposito di questa traduzione, ha detto che si è cercato di ‘offrire un testo più sicuro nei confronti con gli originali, più coerente nelle dinamiche interne, più comunicativo nei confronti della cultura contemporanea, più adatto alla proclamazione nel contesto liturgico’. Una fatica durata 12 anni, che viene offerta non solo alla Chiesa dei credenti, ma anche alla comunità degli uomini e delle donne che cercano parole di verità e di vita. È anche un fatto di grande spessore culturale se, come è stato detto, è ‘il grande codice’ della cultura dell’Occidente.
Bibbia: tra tutte la più bella
AUTORE:
Elio Bromuri