Senza governo e in vista di nuove elezioni, aumenta il disagio dei cittadini di fronte ad un incerto futuro. I politici di professione sono già in fibrillazione nella ricerca di riposizionarsi in modo da non rimanere fuori gioco.
Vi sono spostamenti da un partito ad un altro, candidature che si annunciano, contatti con le persone che contano all’interno delle segreterie di partito. Alcuni cattolici fanno qualcosa di più.
Sembra che vogliano costituire una ‘cosa bianca’, posta al centro dello scacchiere. La gente comune osserva distrattamente gli schieramenti, mentre cerca di capire come si possano risolvere i problemi reali del Paese.
Alla gente va detto di non aspettarsi miracoli da nessuno.
Si possono, però, rimettere nel programma personale dei comportamenti quotidiani quei principi e valori di onestà, laboriosità e solidarietà che sono a fondamento dello sviluppo. Molti, grazie a Dio, lo fanno, ma non tutti. I principi di realismo e di responsabilità sono criteri indispensabili per prevenire e risolvere i problemi della società.
A ciò si aggiunge le necessità di avere amministratori pubblici meno legati ad interessi e ideologie e più affidabili per capacità e competenza. Si tratta, per alcuni, di dare addio al clima del ’68, quello della ‘fantasia al potere’, per dare spazio alla cultura della responsabilità, alla base e ai vertici, nella prospettiva del bene comune. È una rivoluzione culturale da compiere nella mentalità corrente.
La Chiesa italiana ha speso molto in questo campo, da prima ancora del secolo scorso, con la dottrina sociale, il rinnovamento degli studi, le associazioni formative dei laici quali l’Azione cattolica, le Settimane sociali, il Concilio Vaticano II, e poi il Progetto culturale e mille altre iniziative, capillarmente diffuse.
La società italiana ne ha tratto giovamento in tanti ambiti della vita singola e collettiva, ma forse non in misura adeguata allo sforzo.
Uno dei motivi di tale inadeguatezza, oltre che a condizioni avverse e all’opposizione di avversari, è dovuto anche alle diatribe interne del mondo cattolico, come si può evincere dalla vicenda di Rosmini, oggi approdato agli onori degli altari e fino a ieri molto sospettato e poco letto.
Un altro esempio del ritardo di effetti positivi sul piano della cultura si ha nella tiepidezza, se non distacco e ostilità, dei cattolici nei confronti degli strumenti della formazione dell’opinione e della coscienza di cui da molto tempo dispongono, e sono le scuole cattoliche, i giornali e settimanali cattolici, gli strumenti di comunicazione sociale, biblioteche, librerie, radio, televisioni.
In questo modo siamo arrivati al punto da non avere un peso adeguato nell’ambito della cultura riconosciuta, tanto che un pugno di docenti universitari sono stati in grado di fermare il Papa, presentato come un oscurantista dogmatico incompetente e inadatto a svolgere una lectio magistralis in un’università laica. Cultura, comunicazione, formazione, competenze.
È necessario dare un nuovo slancio al progetto culturale. Da parte dei vescovi italiani si nota la volontà di potenziarne l’efficacia, come si può vedere dalla costituzione di un Comitato di cui è stato nominato presidente lo stesso card. Ruini.
Un segno indubbiamente eloquente, che non mancherà di suscitare nuove energie capillarmente innervate nelle varie realtà ecclesiali.