Le migliaia di persone e i molti bambini presenti in piazza San Pietro domenica 27 gennaio per il tradizionale appuntamento dell’Angelus, hanno visto, non senza sorpresa, affacciarsi alla finestra del Papa, la finestra più famosa del mondo, una ragazza, Federica, 12 anni, e poi un ragazzo, Andrea, della stessa età. Sono lì per leggere un messaggio a conclusione del mese della pace che l’Acr ha svolto in gennaio. La ragazza inizia: ‘Caro Papa’, con confidenza e senza emozioni, e presenta l’impegno di aiutare i ragazzi di due Paesi africani, il Malawi e la Sierra Leone, costruendo una scuola in ognuno dei due. Terminato il messaggio, Benedetto XVI libera in volo due colombe bianche: ‘Questa volta è andata bene, qualche volta ritornano’, ha detto sorridendo. L’educazione alla pace funziona e prende sempre più corpo e questo è il frutto di una stagione in cui si è riscoperto l’ ‘altro’ non più come nemico, ma come fratello, ed è iniziata nella coscienza di tanti in ogni parte del mondo la cultura dell’incontro, del dialogo e della vicendevole comprensione. Questa cultura ha prodotto già i suoi santi e i suoi martiri, che hanno i nomi dei sette monaci trappisti in Algeria, di don Andrea Santoro in Iraq, di Annalena Tonelli in Somalia e altri innominati. Oggi nelle nostre parrocchie, nelle associazioni e movimenti non troviamo un ragazzo o una ragazza che non nutra sentimenti di pace. Il clima che si è venuto a determinare nella Chiesa su questo versante, a livello di consapevolezza soprattutto nei bambini e nei giovani, è un traguardo importante dello sviluppo della società e un valore da consolidare. A questo traguardo hanno contribuito molto i Pontefici nell’insegnamento da essi impartito senza sosta ancor prima del Concilio Vaticano II e ancor prima delle due Guerre mondiali del secolo scorso. Valga per tutti l’esempio di Giovanni Paolo II, che si è dedicato con tutte le energie a contrastare la guerra contro l’Iraq di Saddam Hussein. Benedetto XVI ha risposto al messaggio dei ragazzi di Azione cattolica, esortandoli: ‘Continuate sulla strada che Gesù ci ha indicato per costruire la vera pace’. Ed ha richiamato poi la lettera che ha scritto per la diocesi e città di Roma sul ‘compito urgente dell’educazione’, firmata il 21 gennaio, annunciando un appuntamento speciale per il 23 febbraio in Vaticano per tutti tutti coloro che siano coinvolti nella grande sfida educativa: educatori e fanciulli, adolescenti e giovani. Pace ed educazione sono due dei punti che il Papa ha toccato nel suo discorso all’Angelus. Prima ancora aveva trattato il tema della ‘buona novella’. Il termine, ‘vangelo’, ai tempi di Gesù era utilizzato dagli imperatori romani per i loro proclami: indipendentemente dal contenuto, questi proclami erano definiti annunci di salvezza perché l’imperatore era considerato come il signore del mondo. Che cosa ha significato allora – si è domandato il Papa – applicare questa parola alla predicazione di Gesù? Vuol dire: ‘Dio, non l’imperatore, è il Signore del mondo, e il vero Vangelo è quello di Gesù Cristo. La buona notizia che Gesù proclama si riassume in queste parole: Il regno di Dio – o regno dei cieli – è vicino’. Un messaggio quanto mai attuale.
Educazione alla pace e al dialogo
AUTORE:
Elio Bromuri