Dopo tre settimane di vacanze ritorniamo a dialogare con i lettori e ci troviamo subito in prima fila. Questa è la sorte di chi come noi non si mette maschere e non cela la propria identità. Siamo chiaramente dentro la comunità cattolica di cui siamo parziale, ma autentica espressione. Ebbene, proprio questa realtà del cattolicesimo oggi viene criticata, con attacchi frontali o con sottile ironia, accusata di volta in volta di svariati e opposti motivi. Non si può negare che talvolta vi siano delle ragioni. Dispiace, tuttavia, che molti misconoscano ciò che fa la chiesa tutti i santi giorni a contatto con la gente e soprattutto con le miserie umane. Basterebbe stare qualche ora in uno dei centri di ascolto della Caritas presenti a migliaia nel territorio per rendersi conto della mole di risorse umane e materiali spese ogni giorno per la società senza alcun discrimine. Non è solo l’ambito della povertà, ma anche quello della disabilità, del diagio psichico, della solitudine, della malattia, della clandestinità, del recupero della tossicodipendenza, con quello che può succedere dentro una comunità, come quella di don Pierino, ed a contatto con situazioni di emergenza, che esigono il coraggio di scelte a volte dolorose anche se necessarie. Vi sono moltissimi altri campi in cui la Chiesa si spende, soprattutto con la cura personale dei luoghi di culto che sono anche scrigni di bellezza e di arte Ci si aspetterebbe qualche maggiore livello di simpatia, mentre si avverte un clima di diffidenza e di sospetto. A parte le solite reminiscenze storiche faziose che vengono continuamente evocate. Di tutto ciò si possono trovare molte ragioni. Una di queste è che la Chiesa è sempre in prima linea. Ogni domenica i preti sono sul pulpito e, pertanto, si espongono pubblicamente, per ciò che dicono, per come lo dicono. Il Vangelo, d’altra parte, non è un libro neutro, che si lascia addomesticare dalle mode del tempo. Si è appena svolta la settimana liturgica nazionale a Spoleto sul tema ‘Celebrare nella città dell’uomo. Comportatevi da cittadini degni del Vangelo’ (27-31 agosto). E’ stato messo ben in evidenza come la comunità cristiana anche nel momento più intimo a se stessa e più sacro, quello della lode a Dio e dell’offerta del sacrificio eucaristico, ha un impatto con la concreta vita sociale dei suoi membri che impegna a diventare lievito luce e sale per la trasformazione del mondo. Le celebrazioni liturgiche non tendono ad isolare i fedeli e ‘alienarli’ dai compiti di cittadinanza. Possono anzi diventare anche riti provocatori e rivoluzionari per i esti e le parole proclamate. Un vecchio libro francese si intitolava ‘La preghiera, problema politico’. E’ stato così fin dai primi tempi, quando uno scrittore cristiano antico affermava: ‘se dividete il pane del cielo, perché non dividete anche il pane della terra’? che ha portato alla condivisione dei beni che vige anche oggi in comunità religiose ed ecclesiali. L’impatto di tali pensieri sul piano dell’opinione pubblica finisce per suscitare contrasti da parte di chi propugna altre visioni del mondo. Essere in prima linea su questo fronte non è un fatto di protagonismo, quanto un servizio conseguente alla propria vocazione di ‘essere per gli altri’, come Bonhoeffer definiva il cristiano.
‘Essere per gli altri’. In prima linea
AUTORE:
Elio Bromuri