Ha destato grande stupore e amarezza l’arresto, compiuto nel capoluogo umbro martedì scorso, di quattro persone. Due imprenditori: Leonardo Giombini e Carlo Gradassi, e due magistrati: Vincenzo Maccarone, sostituto procuratore generale presso la corte di Cassazione, e Lanfranco Balucani, consigliere di Stato. La cronaca dei fatti è ormai nota per quel tanto che se ne può sapere, trattandosi di accuse coperte da segreto giudiziario. Ma quello che non è noto è quanto vi è dietro a questa vicenda, che ha avuto i suoi prodromi nell’arresto di Giombini del 29 maggio 2006, cui è seguita una detenzione di 71 giorni, e quali e quante altre persone vi siano coinvolte. Per amor di patria preferiremmo pensare ad un grande equivoco e all’innocenza di coloro attualmente colpiti dalla privazione della libertà personale. Siamo altrettanto amareggiati e preoccupati per il fatto che è la prima volta che un magistrato manda in carcere un magistrato di così alto rango e un consigliere di Stato, e per questo la gente è indotta a pensare che la corruzione sia diffusa nella nostra società più di quanto appaia in superficie e lambisca rive insospettabili. D’altra parte, campanelli d’allarme per scricchiolii delle strutture portanti del nostro tessuto civile da tempo si avvertono, messi subito a tacere per non disturbare i manovratori e per non frenare il mercato d’esportazione del prodotto turistico regionale. Recentemente anche nel nostro giornale, La Voce, ed esattamente nel n. 10 del 16 marzo scorso, abbiamo pubblicato l’opinione di Gianfranco Faina, già direttore generale della Perugina e buon conoscitore del mondo industriale, economico e finanziario, che portava il titolo sinistro ‘La ‘Gomorra’ esiste anche in Umbria’. Prendendo lo spunto dal libro-denuncia di Roberto Saviano, intitolato appunto Gomorra, in cui denuncia il sistema della criminalità organizzata che domina parte del Sud d’Italia, Faina ritiene di poter dire, citando alcuni fatti, che qualcosa di simile è penetrato, come stile di comportamento, anche nella nostra regione. Spiega il motivo del degrado della società nella perdita dei valori morali, sostituiti dalla grande sete di successo, di potere e di denaro, costi quello che costi, passando sopra ad ogni ostacolo. Faina afferma: ‘La qualità e civiltà del nostro tessuto sociale è un valore ben più importante dei monumenti, dei festival e dei minimetrò; è il valore fondante del nostro sistema democratico ed il presupposto di un sano sviluppo economico’, facendo appello alla rinascita dei valori cristiani, che costituiscono la vera ricchezza della nostra terra umbra. Ci sembra che in questa direzione dovrebbero essere spese tutte le migliori energie del nostro territorio, quelle dei politici, amministratori, educatori, e di tutti i cittadini, laici e credenti, in un convergente sforzo per risalire la china del degrado, che non è inarrestabile. Un esempio positivo si può trarre dal recente Forum della regione sullo stato sociale, in cui laici e cattolici sono stati coinvolti alla pari per far fronte alle povertà vecchie e nuove. Un esempio in negativo è la lotta costante e denigratoria di alcune frange della nostra società contro le impostazioni educative di ispirazione cattolica in ambito di etica personale, familiare e sociale, nella tutela della vita e della famiglia. In una società in evoluzione, ‘tutto si tiene’ ed ogni frana può trascinare tutti al crollo generale.
L’Umbria che non vorremmo vedere
AUTORE:
Elio Bromuri