Senza pietà?

Sembra strano, ma questa è l’amara constatazione di una persona, cattolica, che scrive a un giornale di Firenze (Toscana oggi): ‘Mio Dio, ma dalla Chiesa se n’è andata anche la pietà’? Espressioni simili le abbiamo sentite da parte di molte altre persone che dichiarano di non ritrovarsi più nelle decisioni della Chiesa o di essere del tutto contrarie. Quando si dice Chiesa in questi casi si intende la gerarchia ecclesiastica cioè il Papa, i vescovi e i sacerdoti, che per il loro ministero devono annunciare la Parola di Dio. Nel proporre i principi della fede e della morale si viene a produrre in molteplici occasioni l’impressione che si tratti di messaggi troppo duri e lontani dalla sensibilità umana. Una sensazione di questo tipo si è venuta manifestando negli ultimi tempi di fronte a casi singolari, di per se stessi carichi di sofferenza e di compassione, come la vicenda del povero Welby. Possibile che non si possa andare incontro a una persona gravemente malata e sofferente che non ha speranza di guarire, lasciandolo morire tranquillamente, e si giunga a negargli il funerale in chiesa dopo la morte? Alcuni parlano di insensibilità e durezza anche per l’opposizione della Chiesa alla legge dei patti civili di solidarietà (Pacs). Si fanno molti casi ed esempi. I giornali e le televisioni ne sono pieni. Per ognuna di queste situazioni, casi a volte strani difficili e disperati, si dovrebbero analizzare molti aspetti da vari punti di vista. Si potrebbe chiarire che la posizione cattolica adeguatamente spiegata è diversa da come viene presentata, a volte massacrata, nei media. Ma qui vorrei fare chiarezza su un punto chiave, quello della comunicazione. Mettendo pure in conto che vi sono quelli che non vogliono sentire, né capire, che hanno per pricipio preso avversione a tutto ciò che sa di cattolico, e mettendo anche in conto che talvolta il principio di vita secondo la fede rivelata è duro, la Chiesa oggi trova particolare difficoltà e soffre nel tentativo di comunicare adeguatamente il messaggio evangelico. Nonostante i grandi sforzi e progressi compiuti in questo campo la Chiesa non riesce a spiegare bene i suoi sì e i suoi no, non ha strumenti adeguati, giornali televisioni radio e forse i suoi comunicatori non sono spesso in grado di mediare i messaggi del Magistero al grande pubblico.Di conseguenza la parola della Chiesa è frequentemente equivocata, distorta, contraffatta, male interpretata, enfatizzata, esasperata. Talora ciò non dipende neppure da cattiva volontà del giornalista o dell’interlocutore, ma dal condizionamento oggettivo in cui si trova chi è immerso nel complesso mondo dell’informazione, che non riesce a dominare, al punto da cogliere oltre la lettera anche lo spirito, il senso e il valore di un determinato messaggio. Nei casi di cui sopra, infatti, sono in gioco realtà profonde, valori decisivi dell’esistenza umana, principi fondanti della società. In questi ambiti, chi comunica dovrebbe farlo con competenza, capacità, chiarezza. Soprattutto da parte del destinatario si dovrebbe riservare una diversa attenzione, considerando che la Chiesa non può essere contro l’uomo, soprattutto se sofferente. Se così appare ci deve essere un equivoco. Chiariamoci. La Chiesa è amante degli uomini come di Dio e si identifica nel principio: ‘il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato’. Non sta quindi dalla parte della verità contro la pietà, come qualcuno (Flamigni) ha detto, ma di affermare con parole e comportamenti la verità dell’amore e della pietà verso tutti. Welby compreso.

AUTORE: Elio Bromuri