La tentazione di dividere

Commento alla liturgia della Domenica a cura di Giulio Michelini XXVII Domenica del tempo ordinario - anno B

Il testo evangelico che oggi la Chiesa pone alla nostra attenzione è composto da un dittico, che in qualche modo ha una sua unità, anche se in esso sono ben distinguibili due situazioni diverse, con persone diverse che compiono azioni diverse. Il primo quadro tocca la questione del divorzio (vv. 2-12); il secondo quadro invece riguarda Gesù e i bambini (vv. 13-16). Il luogo dove si svolgono le azioni e il tempo in cui esse sono realizzate conferisce omogeneità a tutta la scena: siamo “nel territorio della Giudea, oltre il Giordano” (Mc 10,1), le azioni si susseguono e il contesto prossimo è anch’esso unitario, quello di Gesù che insegna alle folle, “come era solito fare”. A chiudere il dittico la nota marciana del v. 17 che indica uno spostamento di luogo di Gesù (“mentre usciva per mettersi in viaggio”). Ma le azioni che si compiono nella pericope del lezionario odierno forse hanno qualcos’altro in comune, oltre che il contesto, il luogo, e il tempo.

Divorzio e separazione. Nel primo quadro, il tono della controversia di Gesù con i farisei riceve una forte impronta dalla motivazione che li spinge ad avvicinarsi al Messia: per metterlo alla prova. Se la prova principale che Gesù deve vivere è quella della separazione dal Padre (cfr. “Se tu sei Figlio”; Mt 4,3), qui i farisei sono i rappresentanti di coloro che voglio “separare-dividere” anche altro: la coppia. Il concetto di “separazione”, emerge per quattro volte col verbo apolèo (tradotto nel nostro brano con “ripudiare”, ma che in realtà copre una costellazione di significati più ampia, quali “separare”, “sciogliere”, “mandare via”, “partire”‘), e al v. 9, con il verbo chorèzo, “dividere”. La risposta di Gesù è coerente con la sua vita. Se egli rimane legato al Padre per compiere il progetto che Egli ha per il Figlio, anche l’uomo e la donna possono rimanere uniti, vivendo il progetto per il quale sono stati pensati in principio. Insomma, la tentazione degli uomini è quella di “dividere”, mentre il progetto di Dio è quello di “unire”.

La posta in gioco è alta, e viene a toccare la sfera più significativa dei rapporti sociali, quella che riguarda l’incontro tra l’uomo e la donna. Ad essi, secondo il piano originario di Dio, viene attribuita una fiducia nella loro capacità di stare insieme che è incondizionata, che non può essere revocata, e che nemmeno la durezza del cuore umano (sklerokardèa, Mc 10,5) può più minare. Non a caso, infatti, quando nella Bibbia si vuole parlare dell’amore eterno di Dio per l’uomo viene usata l’immagine del matrimonio (cfr., fra tutti i testi, Ef 5,31-32, che riprende la citazione veterotestamentaria presente anche nel nostro brano); anche Gesù si ricollegherà a questa figura per parlare di sé come del Messia-Sposo.

“Gesù in questo modo supera – senza annullarla – la legislazione sul divorzio prevista nella Legge, in particolare in quei precetti che lo permettevano a determinate condizioni. Ecco che allora, proprio nel caso del divorzio, si vede come il passaggio dall’uno all’altro Testamento comporta delle rotture. Queste non sopprimono la continuità, ma la presuppongono su ciò che è essenziale. Riguardano comunque interi settori della Legge: istituzioni, come il sacerdozio levitico e il tempio di Gerusalemme; forme di culto, come l’immolazione di animali; pratiche religiose e rituali, come la circoncisione, le regole sul puro e l’impuro, le prescrizioni alimentari; leggi imperfette, come quella sul divorzio; interpretazioni legali restrittive, riguardanti ad esempio il sabato.

È chiaro che, da un certo punto di vista – quello del giudaismo – si tratta di elementi di grande importanza che vengono meno. Ma è altrettanto evidente che il radicale spostamento di accento realizzato nel Nuovo Testamento era avviato già nell’Antico Testamento e ne costituisce pertanto una lettura potenziale legittima” (Pontificia commissione biblica, Il popolo ebraico e le sue Sacre Scritture nella Bibbia cristiana, 64). Il Messia chiede, rispetto a quanto chiedeva Mosè, una scelta ancora più radicale di quella prevista dalla sua legislazione, una decisione esigente e irrevocabile che può essere compresa solo se si ritorna a motivazioni forti, come quelle date nel libro della Genesi, e che riguardano la relazione originaria tra uomo e donna.

Nel secondo brano non compaiono più i farisei a fare polemica, ma questa volta tocca ai discepoli la funzione di “separare”. Essi, secondo le parole di Gesù, “impediscono” ai bambini di andare da Gesù. Ma Gesù, indignandosi, chiede che si lasci che i bambini vadano da lui. Andare da Gesù è il desiderio di tanti uomini e di tante donne del Vangelo, che vogliono vederlo, parlargli, toccarlo. Tanti gesti che come unico denominatore hanno quello del desiderio della comunicazione con il Messia. Ed egli ricambia sempre: lasciandosi vedere, ascoltando le parole che gli vengono dette, lasciandosi anche toccare, come scritto in questa breve pericope, dove vengono utilizzati due verbi che i Vangeli usano unicamente per descrivere Gesù con i bambini, quando li prende fra le braccia e li benedice (Mc 10,16). Con le sue parole, Gesù stupisce e provoca ancora oggi. Per capire la Legge di Dio e metterla in pratica, anche quella sul matrimonio, bisognerà tornare ad essere bambini e fidarsi della Sua parola.

AUTORE: Giulio Michelini