I politici italiani sono soddisfatti, dal primo ministro al capo dello Stato, del vertice che si è svolto a Roma il 26 scorso, giorno della festa di sant’Anna, madre di Maria. Questa data risveglia un antico ricordo del legame tra Maria e il Libano. Alla Vergine Maria, infatti, è applicato il titolo di bellissima sposa che viene dal Libano, secondo il Cantico dei cantici, interpretato da alcuni santi e devoti. Molti cristiani maroniti e non solo, la contemplano con fiducia in questo momento e a lei, più che ai politici affidano le sorti di quel travagliato Paese. E tuttavia, come si diceva, del vertice di Roma molti in Italia sono soddisfatti anche solo per il fatto che si è tenuto nella Capitale, segno di fiducia nelle Istituzioni italiane. Più di tutti è soddisfatto il ministro degli esteri D’Alema, che è stato il firmatario con Condoleezza Rice della dichiarazione congiunta Italia-Usa. Commenti piuttosto delusi, invece, sono espressi da commentatori estranei ai fatti e alle responsabilità dirette della politica (vedi p. 3). Qualcuno sperava un ‘cessate il fuoco’ immediato. Da un punto di vista umano si comprende la disperazione di Fuad Sinora, presidente del Libano. Nella conferenza stampa ha parlato con tono accorato di un Paese a pezzi e in ginocchio. Ha detto che gli hezbollah fanno parte dello Stato libanese, rappresentati al Parlamento e nel Consiglio dei ministri. Purtroppo, però, gli hezbollah hanno una propria milizia armata che nessuno pensa di poter disarmare senza scatenare una guerra civile. Secondo il loro capo Hassan Nasrallah, Israele dovrebbe essere combattuto ‘per un milione di anni’. In passato ogni tentativo di soluzione è fallito, nonostante la risoluzione dell’Onu (n. 1559 del 2/09/04). La questione è complessa e da un punto di vista di realismo politico insolubile. In un articolo del Corriere della sera del 26 luglio Gianni Riotta descrive il cambio di opinione del sindaco di Haifa, Yona Yahav, che davanti al cratere provocato da un missile di hezbollah ha dichiarato, lui socialista e pacifista, che si deve andare avanti nei bombardamenti fino a che la minaccia non venga sradicata. E allora, cosa si può fare? Dovremo aiutare i profughi. Dei 300 mila che si contano ad oggi, 75 mila sono a carico della Caritas. Dovremo curare i feriti, seppellire i morti, portare aiuti umanitari. Fare insieme agli uomini di buona volontà come il buon samaritano. Va bene. Ma ci si può accontentare di un mondo diviso tra chi ferisce e chi cura i feriti, chi uccide e chi seppelisce i morti? Non sarà il caso di andare oltre? Come? Per quanto concerne i cristiani, ciò è legato al superamento culturale e morale della legge del taglione, ancora codificata e bloccata in certi sistemi di pensiero e in determinate regole di comportamento e di ingaggio politico e militare: azione – reazione, provocazione – rappresaglia. Si deve lavorare di più e più intensamente per costruire una nuova logica della convivenza tra i popoli. Questa passa per la via della riconciliazione che presuppone il perdono. Su questo i cristiani avrebbero e dovrebbero poter dire qualcosa al mondo.
Oltre la legge del taglione
AUTORE:
Elio Bromuri