La stampa non ha mancato di farci ricordare che il 7 luglio di un anno fa Londra fu sconvolta dagli attacchi kamikaze in cui rimasero uccise 52 vittime innocenti e ferite oltre settecento persone. Scavando in questa vicenda si evidenziano alcuni elementi di riflessione. La prima riguarda la persistenza della paura tra la gente per altri possibili attentati che possono avverarsi ancora là o altrove, anche per le ripetute minacce recentemente espresse da Benladen e da altri esponenti del terrorismo internazionale. Questo stato di paura e di sospetto cambia l’umore e il clima della vita, anche se apparentemente tutto si svolge come nulla fosse successo. È comune la confessione ‘da allora siamo cambiati’. Cambiati anche nelle relazioni con chi appartiene a quel mondo da cui proviene la minaccia. Oltre che dal ricordo la paura aumenta anche dall’impressione di non essere tutelati dalle forze di sicurezza. Se n’è avuta la sensazione a seguito dell’arresto di due dirigenti del Sismi, Mancini e Pignero, colpevoli, secondo l’accusa, di aver favorito il rapimento, da parte dei servizi segreti americani, dell’egiziano Abu Omar sospettato di attività terroristica. Sorge in alcuni il sospetto che per garantire la libertà dei cittadini e il rispetto delle regole democratiche si possano aprire dei varchi a pericolosi terroristi. Tale sospetto è avvalorato dalle prese di posizione di alcune forze politiche più attente e sensibili nei confronti della libertà che non della sicurezza. Sappiamo tutti i rischi della estremizzazione di uno o dell’altro di tali valori che non dovrebbero mai trovarsi in opposizione. Ma oggi ciò rischia di accadere sotto l’impulso della paura. L’opinione pubblica è divisa e anche il mondo politico. Rimane in piedi il grande dibattito sulla democrazia e i suoi limiti. Se le sue regole debbano essere rispettate anche quando favoriscono una maggioranza di cittadini contrari alla libertà e alla democrazia stessa. La famosa minaccia di alcuni fanatici che non esitano a dire: ‘Con le vostre leggi riusciremo ad imporvi le nostre’. Vincere la paura rispettando la libertà e le norme di uno Stato di diritto, questa è la sfida delle nazioni europee oggi. Forse non è un compito facile da realizzare. Un ulteriore senso di insicurezza proviene da alcuni media del mondo musulmano. Camille Eid ha citato un testo diffuso in Egitto in cui si mette in guardia contro l’evangelizzazione nei Paesi musulmani. È lecito domandarsi: anche l’evangelizzazione fa paura? Ebbene, sembra proprio di sì. Anche in Europa gruppi, religiosi e culturali, oltre al rifiuto delle ‘radici cristiane’ hanno sospettato che una nuova evangelizzazione potesse riproporre la medievale societas christiana dando nuovo potere alla Chiesa. A questo punto la paura presenta molte facce e rivela un disagio profondo che ha le sue radici nella sfiducia tra gli uomini. Una parola per rasserenare gli animi l’ha pronuciata mercoledì scorso Benedetto XVI: ‘Il Signore illumini i cuori e nessuno si sottragga al dovere di costruire una convivenza pacifica, nel riconoscimento che ogni uomo, a qualsiasi popolo appartenga, è fratello’. Questo principio fondamentale dell’umanesimo cristiano sostiene ogni tipo di umanesimo in cui il mondo non sia preda della paura. Altrimenti ognuno avrà sempre paura dell’altro.
Le facce della paura
AUTORE:
Elio Bromuri