Dopo il referendum

Il no vincente al referendum ha bocciato la riforma della seconda parte della Costituzione italiana fatta dalla maggioranza di centro destra. Ma le riforme, dicono, sono necessarie. Si dovranno fare e insieme, cioè con un vasto accordo di un maggior numero possibile di aggregazioni politiche, ammesso che questo avvenga. Ci scuserete dell’ingenuità, ma noi crediamo ai miracoli. E tuttavia abbiamo qualcosa da eccepire. Le due riforme elettorali, quella del maggioritario prima e quella del proporzionale poi sono state indovinate? E le riforme che riguardano aspetti sociali, quali la sicurezza e la privacy, o la riforma scolastica, quella di Berlinguer prima e quella della Moratti, e le leggi che si susseguono sulla droga e sull’immigrazione e i vari interventi sul lavoro e l’occupazione. Insomma, non è che non si siano fatte riforme e innovazioni in vari settori, ma è lecito domandarsi se queste siano state necessarie, efficaci, produttive e se abbiano migliorato la convivenza civile. Sembra che la classe politica sia soddisfatta quando produce qualcosa comunque sia, pur che sia, per dimostrare che esiste o per tutelare degli interessi, che tra l’altro non sono sempre palesi e qualche volta si rovesciano persino contro coloro che si aspettavano esiti a loro favorevoli. Un’eccessiva eccitazione ed un esibito efficientismo non servono, quanto invece una sana amministrazione e un corretto uso delle risorse, un’oculata scelta delle priorità di spesa e di intervento. Il popolo italiano, ad esempio, non ha mostrato grande apprezzamento ai cambiamenti previsti dalla riforma della Costituzione. La sobrietà e la saggezza che da sempre viene invocata nelle chiese per i governanti sono virtù fondamentali per l’Italia e per il mondo. So che appaiono discorsi inutili o, come scriveva il liberale Einaudi, presidente della repubblica (1948-1955), prediche inutili, ma non si può nascondere il disagio di vivere in una società in cui un’ombra di sospetto cala su vasti settori della società. Sembrano scomparire l’onestà, la lealtà, la giustizia, la trasparenza, il rispetto delle regole elementari anche nel gioco. Se di una riforma si deve parlare è di quella morale delle persone, moralità privata e delle istituzioni, moralità pubblica. C’è una moralità delle aziende, delle banche, delle imprese finanziarie, degli ordini professionali, delle istituzioni culturali. Altrimenti tutte queste realtà rischiano di divenire ‘strutture di peccato’, che ammorbano l’aria e oscurano l’orizzonte della storia. Fa veramente impressione e disgusto che vi siano movimenti edonistico-radicali che remano in senso contrario ad ogni forma di regola che non sia l’appagamento del desiderio in libertà, e che si esalti, ad esempio, con la scelta di un nome d’arte, uno dei vizi capitali come simbolo di emancipazione che rimbalza per affinità ideale di partito su uno dei seggi più alti delle autorità dello Stato. Così pare fuori misura la frettolosa assicurazione di aumentare la quantità di cannabis per uso personale. Di fronte a queste spinte in direzione trasgressiva, la Chiesa rischia di dover ricorrere a provvedimenti punitivi per ammonire i suoi membri a tenersi lontani da comportamenti ritenuti immorali, come ha fatto il card. Trujllo, a proposito della distruzione di embrioni a scopo di ricerca scientifica. Sarebbe auspicabile un maggiore consenso sui giudizi morali, per procedere insieme nel rispetto di un’etica condivisa. Uno sforzo in questo senso, per chi crede nei miracoli, è ancora possibile.

AUTORE: Elio Bromuri