La realtà vista… capovolta

Commento alla Liturgia della Domenica

AltareBibbia“Cercate il Signore, voi tutti, poveri della terra, che eseguite i suoi ordini”: è l’invito che il profeta Sofonia rivolge a coloro che attendono dal Signore la salvezza, ed è anche il primo brano con cui la Parola di Dio giunge a noi in questa IV domenica del Tempo ordinario. È un’espressione di grande consolazione perché gli israeliti, provati da diverse minacce naturali e politiche, sono spronati alla certezza che c’è per loro un’opportunità. Il messaggio riguarda una categoria specifica: i poveri. Secondo il linguaggio dei Profeti, i poveri (anawim) occupano un posto privilegiato nel cuore di Dio, ma va specificato che il termine non indica tanto una condizione di indigenza materiale quanto piuttosto lo stato del cuore. L’oppressione, la mancanza di beni, l’ingiustizia sono, sì, condizioni di povertà, e fanno alzare grida di dolore, ma i veri poveri sono coloro che, trovandosi in queste circostanze, confidano pienamente nel Signore per ottenere da Lui aiuto e luce per cambiare la propria condizione. A questo punto ci viene in aiuto il Vangelo che ci propone una tra le più famose e anche più sconvolgenti pagine: le Beatitudini. Inserite nel grande contesto del Discorso della montagna (Mt 5-8), non sono – come superficialmente potrebbe sembrare – l’antitesi alle 10 Parole (Comandamenti), ma il loro approfondimento e compimento. “Le beatitudini sono al centro della predicazione di Gesù. La loro proclamazione riprende le promesse fatte al popolo eletto a partire da Abramo. Le porta alla perfezione “ordinandole non più al solo godimento di una terra, ma al regno dei cieli” (NCCC 1716). Tra l’altro, l’autore si esprime con particolare precisione sia linguistica che numerica: 8 sono le beatitudini, 72 sono le parole che compongono il testo greco delle beatitudini. 8 è il numero di David (tra i figli di Iesse), è il giorno di Cristo che appare agli apostoli; 72 era il numero delle popolazioni secondo Genesi 10 e quello dei discepoli mandati da Gesù. In questa costruzione letteraria dove ogni singolo elemento è ben calcolato e posizionato, sorprende il contenuto perché Gesù afferma che è beato chi si riconosce in una delle 8 condizioni di disagio che elenca. “Beato” (makarios) letteralmente è colui che vive in una condizione di serenità perché non ha preoccupazioni. Per la letteratura classica era la condizione degli dèi; per l’Antico Testamento era lo stato di felicità di colui che asseconda la Parola di Dio (Salmo 1); per la mentalità odierna la ‘beatitudine’ è propria di chi vive nel lusso e nell’agiatezza.

 

In questo Discorso Gesù propone piuttosto un capovolgimento di vedute, perché la realtà non è osservata con sguardo mondano ma secondo l’ottica della fede. Gesù comprende tutte le situazioni deboli dell’umanità, che promette di colmare concedendo il regno dei cieli, la consolazione, la terra, la giustizia, la misericordia, la visione Dio, la figliolanza con Dio, e ancora una volta il dono del regno dei cieli. La dicitura “regno dei cieli” può essere banalizzata se la si considera una sorta di ‘ricompensa’ dopo la morte. È difficile spiegarla, ma è una ‘realtà’ già presente, e se ne può percepire la grandezza esaminando tanti santi che l’hanno sperimentata in vita, primo fra tutti, certamente, Francesco d’Assisi. Proprio la prima beatitudine (povertà) e l’ultima (persecuzione) hanno segnato in san Francesco il programma della sua vita finalizzato a ottenere il regno dei Cieli: “Se, invitato da persone facoltose, prevedeva di essere onorato con mense piuttosto copiose, prima andava elemosinando alle case vicine tozzi di pane e poi, così ricco di povertà, correva a sedersi a tavola. A chi gli chiedeva perché facesse così, rispondeva che per un feudo di un’ora, non voleva lasciare una eredità stabile. ‘È la povertà – diceva – che ci fa eredi del regno dei cieli’” (FF, 660). Anche in occasione delle violente ostilità manifestategli dal padre, Francesco si ancorava di più alla logica del regno dei Cieli: “Messo da parte ogni sentimento di pietà, [il padre] lo trascina a casa e lo perseguita, prima con le parole e le percosse, poi mettendolo in catene. Però quest’esperienza rendeva il giovane più pronto e più deciso nel mandare a compimento l’impresa cominciata, perché gli richiamava quel detto: Beati quelli che sono perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli”. La povertà di spirito e la persecuzione sono le due beatitudini entro le quali sono comprese tutte le altre: la sofferenza, la mitezza, il desiderio della giustizia, la misericordia, la purezza, e la ricerca della pace. Nella pavimentazione esterna della chiesa delle Beatitudini in Terra Santa sono riprodotte le 8 beatitudini con evidenziati accanto personaggi biblici e della storia che si sono distinti per avere praticato eroicamente almeno una di esse. Se dovessimo aggiungere il nostro nome, quale delle beatitudini in particolare ci permetterebbe di realizzarci come cristiani e cittadini, contribuendo a diffondere la ‘rivoluzione’ dell’amore?

 

AUTORE: Giuseppina Bruscolotti