Dove vanno i soldi?

Se ci domandiamo in modo quasi scherzoso dove vanno i soldi, sempre in modo scherzoso molti possono dire: ‘Non nelle mie tasche’. Di altri sappiamo purtroppo, anche dalla cronaca nera, che molti soldi vanno verso i marciapiedi della prostituzione, o i trafficanti di droga, magari pregiata cocaina per party di salotti riservati che alimentano la malavita. Ma non vorremmo far del moralismo a buon mercato. Talvolta alcuni comportamenti negativi possono favorire fenomeni economici positivi, come la vanità e l’ambizione che spingono alcuni a realizzare opere d’arte e costruzioni che producono occupazione e lavoro. Una strana legge che Goethe, l’autore del Faust e del mito di Mefistofele, aveva radicalizzato nella frase secondo cui il diavolo cerca sempre di operare il male finendo a suo dispetto per procurare il bene. Un discorso sul filo del rasoio che avrebbe bisogno di molti distinguo, e da non prendere come una tolleranza verso il vizio ma come un richiamo a guardare lo spreco dei ricchi con un certo distacco. Ma il discorso che qui si voleva fare riguarda in questo momento i soldi della collettività, dello Stato e degli enti pubblici. Questo è un gravissimo problema sul quale, in realtà, dovrebbero convergere l’attenzione e la preoccupazione dei cittadini, i quali dovrebbero conoscere i conti di ‘casa propria’. Mentre questa è la cosa più difficile da sapere. I conti dovrebbero essere fuori dalla ideologia. I numeri sono numeri, a meno che non si continui a trasformare i ragionieri in filosofi e letterati capaci di fare l’esegesi dei bilanci in modo così elastico che alla fine non si capisce bene se si è ricchi o poveri se si è guadagnato o perduto. Si dirà che gli addetti lo sanno e ci capiscono. Ma i cittadini dovrebbero almeno poter capire le cose di fondo, ad esempio quanto consuma la macchina pubblica, tutta quella pletora di politici amministratori consiglieri dirigenti, cominciando dai consiglieri di quartiere fino al Presidente della Repubblica. Da quanto si percepisce in maniera superficiale si ha l’idea che lo Stato potrebbe essere più leggero, e così la regione, più oculate le spese dei comuni, e così via. Si sa invece che in quasi tutti gli Statuti regionali, compreso quello dell’Umbria si è fatta la proposta di aumentare il numero dei consiglieri. Sembrano alquanto saccenti quei politici che hanno tirato fuori la questione dell’Ici degli enti di proprietà religiosa. Si vede che da certe parti non ci amano. Farebbero pagare l’Ici anche per l’occupazione del terreno quando si fanno le processioni o per i locali dove religiosi e diocesi e parrocchie, tramite Caritas e altre strutture fanno dormire i dormire i barboni. Forse con qualche risparmio in più in settori effimeri e in autopromozioni si potrebbe risolvere qualche caso emergente. Uno di questi lo ha posto davanti agli occhi un insospettabile membro della maggioranza regionale. Ada Girolamini ha messo in evidenza che in Umbria vi sono 1500 casi accertati di anziani irrimediabilmente compromessi nelle capacità mentali, affetti da demenza senile spesso riconducibile alla malattia di Alzheimer, facendo riferimento al grido di vero allarme lanciato dalla varie associazioni e chiede che la Giunta si impegni a dare risposte positive e dettagliate. Analoghi gridi di allarme provengono da altri settori (famiglie numerose: vedi a pagina 5). Insomma i soldi non sempre vanno dove dovrebbero. Sta alla politica individuare le strade giuste.

AUTORE: Elio Bromuri