Senza credersi il centro del mondo, noi umbri ci troviamo spesso sospinti a prendere coscienza della nostra storia e dei contenuti ideali che essa ha offerto alla cultura europea. È stato appena pubblicato un volume scritto da Joseph Ratzinger prima che diventasse Benedetto XVI, che porta il titolo ‘L’Europa di Benedetto nella crisi delle culture’, ove si afferma: ‘Abbiamo bisogno di uomini come Benedetto da Norcia il quale, in un tempo di dissipazione e di decadenza, si sprofondò nella solitudine più estrema, riuscendo, dopo tutte le purificazioni che dovette subire, a risalire alla luce, a ritornare e a fondare a Montecassino, la città sul monte che, con tante rovine, mise insieme le forze dalle quali si formò un mondo nuovo’. Tra poche settimane sarà ricordato san Benedetto nella celebrazione liturgica (11 luglio) e, come da tradizione, giungerà a Norcia la fiaccola che quest’anno è accesa a Mosca nel cuore della più grande Chiesa ortodossa e l’Umbria si potrà ancora interrogare se è in linea con quella tradizione capace di far sperare in un mondo nuovo. Una regione dalle fresche e vitali radici cristiane. Una domanda che in qualche modo si è posta martedì scorso nella sede più alta e prestigiosa dell’Umbria la sede del Consiglio regionale (vedi pag. 4), dove si è svolto un incontro che alcuni (Bocci) hanno definito ‘epocale’ e molti altri hanno considerato di grande interesse non solo perché il primo nei 35 anni di storia dell’Istituto regionale, ma anche perché è riuscito pienamente con largo consenso e soddisfazione da parte di tutti. L’incontro di mons. Chiaretti con i consiglieri, gli assessori, i dipendenti regionali è stato pensato come epilogo della visita pastorale del vescovo nel territorio della sua diocesi, ma alla resa dei conti è stato recepito di fatto come la visita del primo rappresentante della Chiesa umbra con i primi rappresentanti dei cittadini umbri. Insomma un incontro al massimo livello tra Chiesa e Stato nella loro dimensione regionale. Tanto è vero che si è parlato di divisione dei poteri e di laicità (Tippolotti), si sono fatti discorsi alti ed impegnativi che hanno sostenuto l’impianto di legittimazione dei rapporti di collaborazione tra le due istituzioni in settori concreti di comune interesse (Lorenzetti). Si è detto a chiare lettere che non ci sono volontà di potere e di scantonamento da una parte e dall’altra, perché il criterio della laicità (che è anche un valore) non è in discussione. La Chiesa non cerca poteri e non pretende di imporre il suo deposito di fede e di rivelazione, e la Regione non intende coartare la libertà religiosa della Chiesa né di qualsiasi altra forma religiosa. E tuttavia le due istituzioni, nel rispetto vicendevole, nell’esercizio autonomo dei loro specifici compiti si trovano raccordati, per una storia condivisa, su valori e prospettive comuni, da quelli della pace e non violenza ai poveri e agli stranieri. Rimangono questioni e spazi di confronto che possono essere oggetto di riflessione, di approfondimento e di dialogo che può dimostrarsi anche duro e faticoso, senza giungere a compromettere la collaborazione in tutti quei settori in cui è necessaria. Le due istituzioni, infatti, si trovano spesso coinvolte in un intreccio che ha il suo terreno più ampio e visibile nei beni cuturali che in Umbria sono presenti in una concentrazione che non ha pari in Italia e nel mondo. Altro terreno in cui l’intreccio è inevitabile è quello dell’attenzione agli ultimi per i quali c’è solo da mettere in campo risorse e buona volontà, per essere un intreccio virtuoso.
Distinti e intrecciati
AUTORE:
Elio Bromuri