Paesaggi, ritratti, soggetti sacri: erano questi i temi prediletti da Giorgio Maddoli, artista perugino scomparso oltre trentacinque anni fa. Tra le figure artistiche più significativi del secondo dopoguerra, conosciuto a livello nazionale e internazionale, Maddoli ha lasciato un’eredità artistica di spessore. Tante le mostre realizzate nel corso della sua carriera, come tanti i riconoscimenti sia di pubblico che di critica ricevuti. Le figlie Cristina e Chiara hanno deciso di donare alcune delle sue opere, 7 oli su tavola e 13 pastelli a cera su carta della serie “Via crucis”, realizzate tra il 1940 e il 1964, alla Fondazione Cassa di risparmio di Perugia.
La cerimonia di consegna si è svolta martedì 18 febbraio nella sala delle Colonne della Fondazione, alla presenza delle figlie, del presidente della Fondazione Carlo Colaiacovo, del prof. Francesco Federico Mancini, di Giuliano Masciarri.
“Si tratta – ha detto Colaiacovo – di un gesto di amore per l’Umbria e per l’arte. Già qualche anno fa abbiamo ricevuto donazioni analoghe dagli eredi di Gustavo Benucci, Maria Pistone Cecchini e Antonio Ranocchia. Questi lasciti vanno a ingrandire la nostra collezione, dimostrando come si veda ormai nella Fondazione un punto di riferimento per la conservazione e tutela della memoria culturale del territorio e del suo patrimonio di opere. In questo modo si amplia il Fondo artistico della nostra raccolta, che già comprende opere di grandi artisti umbri di ogni epoca, dal Perugino a Dottori, dal Pintoricchio appunto a Maddoli”.
Le opere donate rappresentano ritratti, una ragazza, un vecchio, gli amati paesaggi umbri, con le sue campagne silenziose e sullo sfondo un casolare, e poi il Sacro. Come non ricordare la serie della Via crucis e i due pannelli centrali raffiguranti “L’Ultima Cena” e la “Deposizione” portati a termine nel 1964 per la nuova chiesa di via dei Filosofi a Perugia. Il prof. Mancini ha spiegato come il percorso artistico del maestro sia stato di grande poesia, di fine sensibilità, ricercato nel disegno, alieno dal conformismo. Per ben diciotto edizioni ha organizzato la Rassegna nazionale di arte sacra, e proprio i lavori a soggetto religioso e sacrale sono quelli che hanno ottenuto i maggiori riconoscimenti di pubblico e di critica. Trenta le mostre personali e trentacinque le collettive a cui ha partecipato.
“Per mio padre dipingere era un’espressione dell’anima, era molto amato dai suoi studenti” ha detto una delle figlie, che ha voluto ricordare alcuni tratti della figura del padre, soprattutto in quella sua “vaghezza trasognata tipica dell’artista, con i taschini sporchi di inchiostro di china o le mani sporche di olio”. Ora le sue opere potranno essere visibili a un pubblico più vasto.