Facciamo passare la Luce!

Commento alla liturgia della Domenica “FIRMATO” Famiglia I Domenica di Avvento - anno A

Piedi a terra e occhi al cielo! La cosa peggiore che potrebbe capitarci leggendo la Parola di questa prima domenica di Avvento è quella di rimanere con gli occhi bassi, intenti a guardare al nostro ombelico come accadde ai tempi di Noè: “Mangiavano, bevevano, prendevano moglie e marito, e venne il diluvio”. Noè aveva fabbricato una grande arca e nessuno se n’era interessato, nessuno si era domandato perché? “Non si accorsero di nulla – dice la Scrittura – e venne il diluvio”.

Non accorgerci di chi ci è accanto e non saper alzare gli occhi al cielo è un modo elegante per dire: non m’importa di te e non perdo tempo a guardare le nuvole. Siamo più intenti a guardare alle nostre cose di quaggiù che a quelle di lassù, e non ci accorgiamo quando i nuvoloni neri arrivano sopra le nostre case, quando comincia a fare acqua il nostro matrimonio, quando il diluvio insidia i nostri figli, le nostre città, il nostro cuore. Abbiamo lasciato la sapienza che viene dall’Alto e acquistato alienazioni e dipendenze: alcol, droga, sesso compulsivo, gioco d’azzardo, relazioni malate, ma la felicità non la si trova in un mondo costruito esclusivamente sul piano orizzontale dell’esistenza! Il cuore dell’uomo ha sete d’infinito, e i saggi Magi di un tempo lo sapevano bene quando si misero in cammino dietro la stella, cercando la via che li avrebbe condotti al Re del cielo e della terra. Cristo viene a dirci: “Svegliati! Alzati!”.

Il sonno è figura della morte e della staticità: rappresenta l’oblio dell’intelligenza, il buio della fede, il blocco degli affetti e delle emozioni, l’immobilismo spirituale. La parola vegliare, nella Scrittura, ha sempre un significato dinamico, di movimento; non vuol dire semplicemente fare la guardia, ma dirigere l’attenzione a…, tendere verso…, badare alle cose essenziali. Essa ci ricorda come sia necessario “muoverci” verso il cielo per non perdere la vita piena. La morte è l’unica realtà indubitabile dell’esistenza, è un passaggio necessario, ma non è un fatto che percepiamo naturale, lo viviamo come una violenza, come un’ingiustizia; l’istinto di conservazione è naturale, non la morte. Anche a ottant’anni tutti quanti vogliamo continuare a vivere, e a vivere bene.

Il profeta Isaia esorta i credenti a mettersi in viaggio: “Venite! Saliamo sul monte del Signore”, avanzate, “camminate alla luce del Signore”. Ma cosa significa camminare alla luce del Signore? Come è possibile entrare nel dinamismo della vita vera? Ce lo spiegò un giorno una delle nostre figlie, quando andò con la sua classe a visitare la splendida chiesa di San Domenico della nostra città di Perugia. L’insegnante voleva mostrare agli studenti il mosaico della vetrata policroma, ma era una mattina nuvolosa e i vetri apparivano scuri e indecifrabili. Tutta la classe attendeva un raggio di sole con il naso all’insù, quando d’improvviso un fascio di luce riempì la navata centrale, strappando un “oh” di meraviglia ai ragazzi. A quel bagliore, il finestrone gotico prese come vita, e dal vetro uscirono figure di santi apostoli, profeti ed evangelisti che si accesero in un gioco di colori e di rimandi di luci spettacolari. L’insegnante chiese agli studenti: “Chi sono le figure che vedete?”. E uno di loro rispose: “Sono quelli che fanno passare la luce!”. L’insegnante rimase di stucco. Voleva sapere soltanto il nome di quei santi, mentre lo studente ne aveva dato una perfetta definizione. I santi sono davvero quelli che riflettono la luce di Cristo perché sono limpidi, non vivono di luce propria, ma si lasciano filtrare dal Sole di giustizia e per questo, a loro volta, possono illuminare il mondo d’immortalità! “Il mondo passa – scrive Giovanni nella sua lettera – ma chi fa la volontà di Dio rimane in eterno” (1Gv 2,17).

Se anche noi desideriamo passare dal mondo, ma non passare con il mondo, allora rimaniamo con i piedi a terra e con gli occhi fissi al cielo, camminando incontro al Signore che viene.

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AUTORE: Maria Rita e Gianluca Carloni