La vittoria ha molti padri, la sconfitta è orfana. I Ds sono stretti fra una valutazione numerica del voto del 13 maggio che li dà ancora vincenti in Umbria ed un’analisi più serrata del comportamento elettorale nei collegi locali che fa intravvedere più di uno scricchiolio nel partito. Il primo segnale forte del disagio all’interno della Quercia è stata la polemica conferenza stampa con la quale la presidente della Regione in persona, Maria Rita Lorenzetti, ha proposto la propria analisi dell’esito elettorale e della situazione nel suo partito. Bersaglio delle sue critiche, il segretario regionale diessino, Alberto Stramaccioni, fresco di elezione alla Camera, da lungo tempo alla guida del partito in Umbria. Una guida della quale la Lorenzetti ha contestato soprattutto un aspetto, quello che lei stessa ha chiamato lo “scaricabarile”, e cioè il rilanciare agli amministratori targati Ds, a tutti i livelli, la responsabilità del calo dei consensi. In realtà, la presidente della Regione ha i suoi buoni motivi per respingere la “patata bollente” che si vede inviare dal segretario diessino, ma anche Stramaccioni non ha tutti i torti. La Lorenzetti è nel giusto quando difende il proprio operato: viene da un lunga milizia parlamentare con incarichi di responsabilità in cui ha dimostrato tutto il proprio valore, ed anche nel primo anno al timone di Palazzo Donini, pur tra mille ed una difficoltà interne alla maggioranza (la “mina” Pdci è ancora vagante) ha tenuto la barra dritta, soprattutto nell’impostare un metodo di lavoro basato sul reperimento delle risorse da destinare a risultati concreti. Quindi, come amministratrice, sente di avere la coscienza a posto. Ma non è su questo che vertono i “rimbrotti” di Stramaccioni, il quale, negli anni, si è fatto una fama di “mangiapresidenti” sollecitando di volta in volta gli “inquilini” di Palazzo Donini (Bracalente ne sa qualcosa) a rendere esplicita, con i fatti, la linea politica del partito. A fare, cioè, politica governando. Una sollecitazione che un “politico politico” qual è un segretario di partito può avanzare, sempre nel rispetto dei ruoli. Da qui a parlare di un “partito del segretario” (che poi dovrebbe essere il partito tout court…) contrapposto ad un “partito del presidente” (o “dei sindaci”, o del “presidente e dei sindaci”) ce ne corre. La realtà è che la presidente Lorenzetti si trova a gestire una fase politica dai contorni incerti: il suo partito l’ha chiamata al ruolo che ricopre per superare la fase dei “professori” e per rimarcare il ritorno al primato della politica. Ma la politica adesso, con il federalismo incombente e la deflagrazione della spesa pubblica (specie sanitaria), ha bisogno soprattutto di amministrazione, preferibilmente di “buona” amministrazione. A ciascuno il suo. Poi, se c’è da pagare, ognuno lo farà in proprio, e davanti al “sovrano” elettore.
Litigano Lorenzetti e Stramaccioni ma hanno ragione entrambi
L'esito elettorale "spacca" i Ds in Umbria
AUTORE:
dg