8 marzo. La Parola alle donne, nella società e nella Chiesa

La campagna di Amnesty international di denuncia della prassi delle dpose - bambine
La campagna di Amnesty international di denuncia della prassi delle dpose – bambine

In questo inizio di marzo 2016 una buona notizia apre spiragli di speranza per le bambine del mondo. La Corte Costituzionale dello Zimbabwe ha deliberato che nessuno può sposarsi prima di aver compiuto 18 anni, una decisione che dovrebbe mettere fine alla pratica delle spose – bambine. Si stima che nel mondo vi siano 700 milioni di ragazze date in sposa prima dei 18 anni e 250milioni prima dei 15. La notizia è nel supplemento mensile dell’Osservatore Romano “Donne – Chiesa – Mondo”.

Ogni mese il quotidiano del Papa racconta fatti, raccoglie opinioni, fa scrivere donne dai cinque continenti, religiose e laiche. Insomma dà voce a quella parte di umanità che nel mondo è più spesso dalla parte delle vittime che non dei vincitori. E il supplemento di questo mese è dedicato al tema “Donne che predicano”. Un tema forte in una Chiesa che stenta a riconoscere alle donne la stessa dignità battesimale degli uomini, che invece andrebbe recuperata, per uomini e donne, proprio in relazione a questo punto. Lo sottolinea nello stesso supplemento (i testi sono anche online su www.vatican.va) il priore della comunità di Bose, Enzo Bianchi, in un intervento storico biblico, che mostra come non vi siano nel Vangelo ostacoli alla predicazione dei laici e che fin dai primi secoli questa facoltà è stata riconosciuta anche alle donne. “Sarebbe importante – scrive Bianchi – che, senza mutare nulla della dottrina tradizionale, si desse la possibilità a laici, uomini e donne, di prendere la parola nell’assemblea liturgica, ad alcune precise condizioni” e prosegue indicando quali.

In un mondo in cui le donne sono ridotte a corpo da usare (che siano le spose bambine o le vittime della tratta per la prostituzione, o che siano le modelle o le veline delle nostre tv, o le ‘madri surrogate’ o le vittime degli stupri di guerra e tanto altro ancora) è significativo che il giornale del Papa dedichi a questo tema proprio il supplemento che esce prima della Giornata internazionale della donna che si celebra l’8 marzo.

Schiacciato tra il dibattito sul gender e una profonda diffidenza verso tutto ciò che sa di ‘femminismo’ il mondo cattolico italiano non sembra aver compreso quanto il discorso sulla donna possa costituire uno stimolo e una ricchezza per la comprensione stessa dell’uomo, quanto possa far crescere in umanità la società tutta.

Un anno fa, il 7 febbraio, Papa Francesco affidava al Pontificio Consiglio per la cultura il compito di “studiare criteri e modalità nuovi affinché le donne si sentano non ospiti, ma pienamente partecipi dei diversi ambiti della vita sociale ed ecclesiale”, ed indicava quattro tematiche su cui lavorare, e concludeva “Non bisogna lasciare sole le donne a portare questo peso e a prendere decisioni, ma tutte le istituzioni, compresa la comunità ecclesiale, sono chiamate a garantire la libertà di scelta per le donne, affinché abbiano la possibilità di assumere responsabilità sociali ed ecclesiali, in un modo armonico con la vita familiare”.

Prendere in mano magistero della Chiesa su questo tema potrebbe essere un modo per celebrare questo 8 marzo.

Maria Rita Valli

AUTORE: Maria RIta Valli