“Questo è il modo in cui, a nome di tutti i devoti, voglio esprimere la concreta carità cristiana incarnata da Santa Rita a sostegno dei diritti negati delle donne afghane, in rappresentanza dei loro diritti in ogni parte del mondo: dall’Iran, dove si stanno verificando sospetti avvelenamenti delle studentesse, all’Ucraina in guerra, fino alle donne migranti e a tutte quelle vittime di violenza”.
Così suor Maria Rosa Bernardinis, Madre Priora del Monastero di Santa Rita da Cascia, commenta la donazione, e quindi il sostegno concreto da parte della sua comunità, al progetto di scolarizzazione in favore delle bambine e delle ragazze afghane, promosso dal quotidiano Avvenire, in collaborazione con la Caritas, all’interno di una campagna per accendere i riflettori sul regime di oppressione che le donne stanno vivendo dopo il ritorno al potere dei talebani, in occasione della Giornata internazionale della donna dell’8 marzo.
Una questione di giustizia sociale
“Considero la difesa dei loro diritti -ha continuato la Madre Priora- una questione di giustizia sociale, per garantire le condizioni che consentono alle associazioni e agli individui di conseguire ciò a cui hanno diritto secondo la loro natura e la loro vocazione, come dichiarato nel catechismo della Chiesa Cattolica. Inoltre, rivedo in queste donne il coraggio di Santa Rita, che scelse di rinunciare alla vendetta per la morte di suo marito, contrariamente allo spirito dei suoi tempi. O quello di Beata Maria Teresa Fasce, che ha dato voce alle donne, non solo religiose, in un tempo in cui erano abituate a tacere”.
Madre Fasce è stata la badessa del monastero di Cascia per ventisette anni (1920-1947), diventando la Madre per antonomasia e diffondendo il culto di Santa Rita nel mondo, oltre a trasformare il volto del borgo umbro, fino ad allora un paese sconosciuto.
Una donna, proveniente da una famiglia borghese ligure, innamorata di Rita e della vita contemplativa, eppure estremamente concreta, determinata e lungimirante, che per tutto il tempo del suo operato, difese con forza i suoi diritti e quelli delle monache, con uomini di varia estrazione. E che il 2 giugno 1946, quando si svolsero le elezioni per l’Assemblea Costituente e referendum istituzionale tra monarchia e repubblica e le donne italiane andarono per la prima volta al voto, dopo quarant’anni di clausura, uscì dal monastero per esercitare il suo diritto.
Il coraggio di Santa Rita esempio per le donne
“Il coraggio di Santa Rita -conclude Suor Maria Rosa- non rappresenta altro che la messa in pratica della parola di Dio e così è anche per quello della Beata Fasce. Nella Genesi si legge infatti Dio creò l’uomo a sua immagine; lo creò a immagine di Dio; li creò maschio e femmina. Ciò significa che uomo e donna hanno pari dignità. Senza dimenticare che Maria dice sì ad un Angelo, decidendo di disporre del proprio corpo, senza chiedere il permesso a suo marito, come avveniva all’epoca. Così come le donne vengono scelte da Dio come prime messaggere della Risurrezione. Impariamo, quindi, da Dio la strada del rispetto e della parità. E impegniamoci, concretamente, per la libertà e i diritti delle donne in ogni parte del mondo, a partire dal sostegno al progetto di Avvenire“.
E sono sempre le donne che, nel nome della Santa agiscono nella loro quotidianità, le protagoniste del Riconoscimento Internazionale Santa Rita, dal 1988 conferito a donne, di ogni età, condizione, nazione e religione, che incarnano i valori ritiani, facendosi guidare dall’amore anche nel dolore. I nomi delle donne che saranno premiate quest’anno verranno resi noti a breve.