Quaranta anni fa era in atto la prima sessione del Concilio. L’unica che non avrebbe emanato nessun documento. La sessione più importante, perché dette vita a quel “clima” particolarissimo che poi avrebbe tracimato da atmosfera a contenuto. Il Concilio Ecumenico Vaticano II cominciò con uno… show. Lo show di un uomo di 77 anni, che non li dimostrava affatto. Uno show del tutto involontario, ma i Vescovi di tutto il mondo convenuti a Roma ne furono affascinati e si disposero a fare quello che, partendo dalle loro diocesi, nemmeno avevano immaginato di dover fare. A papa Giovanni andava a pennello la qualifica di papa di transizione. Di fronte agli enormi problemi della Chiesa nel mondo, il Conclave, non volendo impegnare lo Spirito santo a fare gli straordinari, aveva deciso che la cosa migliore era pensarci un po’ su. “Hai 77 anni, vedi di non strafare. Intanto tutti insieme ci pensiamo un po’ su”. Va bene. Ci sto. E aveva cominciato a fare senza strafare. E per “pensarci un po’ su” (a che cosa fare, senza strafare) aveva convocato un Concilio. Con lo stesso spirito con il quale nel 1953 si era presentato ai Veneziani: come un contadino che Dio ha fatto viaggiare per il mondo e che di fronte alla varietà degli uomini, delle religioni e delle ideologie più diverse, di fronte all’acuzie dei problemi sociali, aveva conservato il calmo equilibrio del contadino. Preferendo ciò che unisce a ciò che divide. In realtà Giovanni era un uomo imbevuto al tempo stesso di passione per la vicenda ecclesiale e di passione per la vicenda del mondo. Passioni calme, ma fortissime. E con estrema naturalezza, stava trasmettendo ai Padri Conciliari quello che era, prima ancora che quello che pensava. Aveva nel suo Dna un’inarrestabile, dilagante, contagiosa simpatia per tutto ciò che è umano. Nell’omelia per il giorno della sua incoronazione aveva presentato se stesso come il figlio di Giacobbe, che incontrandosi con i suoi fratelli di umana sventura, scopre loro la tenerezza del cuor suo e scoppiando in pianto dice: Sono io… il vostro fratello Giuseppe. Il contributo decisivo che la prima sessione, quella che non promulgò né costituzioni né decreti, avrebbe dato a tutto il Concilio era già per intero in quelle parole.