Come avviene da sessant’anni, il 22 giugno di ogni anno Gubbio si ferma per ricordare, onorare e riflettere su una delle date più drammatiche della sua storia. Il 22 giugno 1944, quaranta cittadini innocenti, giovani e meno giovani, operai ed impiegati, padri di famiglia e due donne (madre e figlia) furono fucilati dai tedeschi per rappresaglia. Nel pomeriggio del venti giugno infatti, nel bar Nafissi di corso Garibaldi (dove attualmente si trova un’attività commerciale di abbigliamento) c’era stata una sparatoria da parte di un commando di quattro persone contro due ufficiali medici dell’esercito germanico. Uno rimase ucciso all’istante, mentre l’altro, pur ferito gravemente, urlando e comprimendosi la ferita, riuscì a trascinarsi attraverso via Cairoli e via Mazzatinti fino all’albergo San Marco, dove erano alloggiati graduati e militari, chiedendo aiuto. La guarnigione tra l’altro era in fase di partenza. È stato l’inizio, per tutti, di giorni di autentico terrore. La rappresaglia è scattata con ferocia e spietatezza, in nome di una legge che soltanto la barbarie della guerra riesce ad esprimere. Gli ostaggi, rastrellati senza pietà, furono inizialmente ammassati presso l’edificio scolastico di Via Perugina (una targa ricorda ancora oggi la circostanza) e all’alba del ventidue giugno furono trasferiti nei pressi del piazzale dell’Ex stazione ferroviaria. Alcuni furono costretti a scavare la fossa, prima di ritornare presso l’edificio scolastico, quaranta furono fucilati alle prime luci del giorno. In quelle ore attraversate dalla paura, dal terrore e dall’orrore, l’unico ad essere vicino alla gente fu il vescovo del tempo, mons. Beniamino Ubaldi. Pur di salvare i suoi “figli” provò ad intercedere presso il comando tedesco provandole tutte. Prima fece ricadere la responsabilità dell’attentato su dei fuoriusciti slavi, quindi propose uno scambio di straordinaria generosità: “prendete la mia vita e liberate quella degli ostaggi, brava gente e tutti innocenti”.
Circostanze queste recepite in pubblicazioni ufficiali quali: Mons. Beniamino Ubaldi, un vescovo tra due età di Pietro Bottaccioli, Il miele della vita di Antonio Marionni, testimone oculare, quale interprete, dell’incontro tra il comandante tedesco ed il Vescovo, Fronte italiano, c’ero anch’io di Giulio Bedeschi, Orrori e Stragi di Guerra di Carlo Spaziani, una testimonianza quasi “contemporanea” di quanto accaduto, visto che il libro è stato dato alle stampe il 6 giugno 1947. Tutto fu purtroppo inutile e quel lugubre crepitare di mitra che attraversò sinistramente una città insonne per l’ansia e la paura, non solo fece strazio di tanti corpi, ma ha provocato ferite ancora oggi sanguinanti. Per rendersi conto basta visitare il Mausoleo (costruito sul luogo dell’eccidio negli anni Cinquanta su disegno dell’arch. Frenguelli e per iniziativa di un apposito comitato) che ne conserva i resti mortali e la memoria, da dove emana una perenne invocazione alla pace ed alla fratellanza, all’amore ed alla comprensione, alla convivenza ed al perdono. Soltanto in questo modo e dando un seguito a tali valori, un tale immane sacrificio non sarà stato consumato invano.